martedì 9 aprile 2019

L'Osservatore Romano: Quello spirito impuro che avvelena il mondo

«La vita cristiana è un combattimento permanente», ricorda Francesco (Gaudete et exsultate 158). «Combattimento» sì, ma contro chi? Con acuminata precisione, il Papa scansa equivoci e diffuse riduzioni. Infatti, non si tratta solamente di contrastare la «mentalità mondana», la «pigrizia», la «mediocrità»; nemmeno la «fragilità» e le personali inclinazioni verso un certo tipo di vizio. Certo, anche questo. Tuttavia, innanzitutto, il combattimento è «contro il diavolo, che è il principe del male» (Gaudete et exsultate 159). Lo scorso 6 marzo, Andrea Monda scriveva sulle pagine dell’«Osservatore Romano» una «guida diabolica al pontificato di Papa Francesco», rilevando la frequenza con cui Bergoglio parla del diavolo apertamente, anche ai bambini. Qualsiasi sia il suo interlocutore, Francesco descrive il principe del male non come «una deficienza» umana, ma (direbbe Paolo VI) «un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore».
Parlando del diavolo, oggi si coglie non poco disagio. L’imbarazzo vibra sia in chi liquida la questione come un’inerzia del passato, indegna delle conoscenze e della sensibilità contemporanee, sia in chi al contrario ne parla con eccessiva facilità, presumendo di sapere tutto, perfino il più puntiglioso (e inutile) dettaglio.
Converrebbe assumere il criterio adottato dal Nuovo Testamento. Il numero e la varietà dei modi neotestamentari di definire il diavolo mostrano fino a che punto questa realtà oscura occupasse l’attenzione dei primi credenti. Sorprende un dato evidente: il passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento è contrassegnato anche dalla formidabile crescita della manifestazione demoniaca, non paragonabile a quella delle Scritture Antiche; come se, all’arrivo del Figlio di Dio nella carne, il diavolo ne fosse spaventosamente disturbato, anzi «tormentato» (Marco 5, 7), spinto ad agire con «furore», perché gli «resta poco tempo» (Apocalisse 12, 12). Tuttavia l’interesse del Nuovo Testamento alla realtà demoniaca è ben diverso da quello del giudaismo dell’epoca di Gesù e della religione popolare ellenistica; infatti è molto più discreto, riservato e non ha alcun intento teorico o speculativo, poiché mosso solo dall’istinto di protezione e difesa.
Una cosa è certa: annunciare Cristo prescindendo dalla sua opera di esorcista, trascurando la sua lotta contro il Satana, significa parlare di un Gesù diverso da quello dei Vangeli e comporta strappare molte pagine al Nuovo Testamento. Gli esorcismi operati dal Signore sono troppi e troppo rilevanti nell’economia del racconto evangelico per non essere necessari alla rivelazione del mistero di Cristo, dell’uomo e della storia. Non per nulla, stando all’evangelista Marco, la prima azione di Gesù, rivelativa del Regno di Dio, è proprio la liberazione di un indemoniato (Marco 1,21-28).
Il racconto è all’inizio del Vangelo, come ne rappresentasse il portale d’ingresso. Il Figlio di Dio non arriva in un territorio libero o neutrale, ma in uno spazio occupato dal diavolo. La sua presenza è a tal punto diffusa da non essere percepita: un uomo religioso, praticante, si trova nella sinagoga; egli è invaso da «uno spirito impuro» e non se ne accorge; tantomeno gli altri, riuniti in preghiera. La prima manifestazione della potenza irresistibile e benefica di Gesù è la liberazione di quel pover’uomo dallo «spirito impuro».
«Spirito impuro». Che significa? La parola «spirito» richiama l’aria, il vento, il respiro. Come l’aria, è ovunque, invisibile; perciò la sua presenza cade in oblio. Tutti e tutte le cose ne sono esposti. L’aria/spirito viene dimenticata non per difetto, ma per eccesso di presenza. Come il vento, s’insinua dappertutto, infiltrandosi nei più piccoli interstizi e profittando delle aperture, quelle imprudenti e quelle necessarie. Avendo a che fare col respiro, la prima qualità dello «spirito impuro» è di apparire necessario, indispensabile, desiderabile, gradevole, benefico, salutare come l’aria. Lo cerchiamo come se ci mancasse l’aria e come l’aria auspichiamo il suo ingresso in ogni fibra del nostro corpo. Lo spirito impuro esercita la potenza tipica di chi è desiderato, anelato, bramato, ritenuto vitale come l’aria. Il suo capolavoro è quello di scimmiottare lo Spirito Santo, il Signore che dà la vita. E gli riesce benissimo; al punto che è facile confondere l’ampio respiro dello Spirito Santo con uno spirito impuro e, al contrario, apprezzare l’“in-spirazione” dello spirito impuro come fosse Spirito Santo. Ma è alito impuro, cioè aria cattiva, viziata e malsana che, respirata a pieni polmoni, avvelena la vita e intossica ogni intenzione. Ecco: spalanchiamo i polmoni ad aria inquinata, convinti che sia fresca e pulita come quella del mare o di montagna.
Ma perché lo spirito impuro ce l’ha con noi? La risposta può venire dall’altro nome che lo identifica e col quale è chiamato quando, nel deserto, attacca Gesù: «Satana», cioè «accusatore»; «l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusa davanti al nostro Dio giorno e notte» (Apocalisse 12,10). Questa denominazione del diavolo mostra un aspetto poco pensato: il suo vero bersaglio non è l’uomo, ma Dio. Avvelenando le intenzioni e intossicando i desideri, egli punta ad ottenere capi di accusa contro l’uomo, da portare davanti a Dio. Come se il suo scopo fosse addurre prove dell’infame, vergognosa, omicida ingiustizia degli uomini, al fine di convincere Dio circa l’insensatezza, l’assurdità della sua incomprensibile premura verso questi grumi di terra che respira. Il vero tentato dal Satana non è l’uomo, ma Dio che dovrebbe smetterla di stimare esseri così spregevoli. In questo senso il Satana è diavolo, vale a dire divisore: cerca di separare Dio dalla terra e dalla carne. Siamo franchi, il lavoro gli riesce benissimo e non ha nemmeno torto. Il Satana ammira la bellezza di Dio, ne è incantato, ma la sua venerazione si trasforma in incantesimo che lo rende indisponibile ad accettare il coinvolgimento di tale splendore nell’ingiustizia, il legame di quell’indescrivibile grazia con l’opaca pesantezza del portamento umano. Satana è l’estremo difensore di Dio, come Pietro lo fu di Cristo, tentando di convincerlo ad evitare la sconfitta della croce. Non per nulla l’apostolo in quell’occasione ricevette dal Maestro lo spaventoso appellativo di «Satana» (Marco 8,33). Devono essere ben potenti le forze divine — la fede, la speranza, la carità — per opporsi alle argomentate, sensate, vere accuse del Satana. Il nostro destino è sospeso a esse: alla resistenza della sua fiducia, all’energia della sua incomprensibile attesa, alla possanza della sua indecifrabile stima.
Nonostante sia intossicato e destinato alla morte, malgrado i suoi gesti avvelenati, Cristo non smette di ammirare l’uomo e fa di tutto per soffiare aria buona nei suoi polmoni, come all’inizio.
09/04/2019
di Giovanni Cesare Pagazzi