domenica 27 gennaio 2019

«PARTECIPA ALLA MESSA LA DOMENICA E LE ALTRE FESTE comandate e rimani libero dalle occupazioni del lavoro»

Nei Vangeli non troviamo questo “precetto”. I primi discepoli non ne avevano bisogno. Spontaneamente, incominciarono ben presto a riunirsi nel giorno della risurrezione per fare ciò che il Signore aveva comandato loro di fare nella sua ultima cena, certi che il Risorto, come per i due discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35), sarebbe stato presente per interpretare le Scritture e donare sé stesso nei segni sacramentali del pane e del vino.

Due gesti di Gesù che costituiscono ancora oggi la struttura rituale della messa: liturgia della parola e liturgia eucaristica. L’espansione del Cristianesimo e il suo radicamento nella società civile portò ad un certo affievolimento della pratica cristiana.

Pertanto la partecipazione all’assemblea eucaristica domenicale divenne sempre più oggetto di insistenti richiami da parte di diversi concili fin dal IV secolo.

Se in un recente passato la partecipazione alla messa domenicale poteva essere condizionata dal contesto sociale, oggi sta diventando sempre più una libera e responsabile scelta di fede. Non si può essere credenti e cristiani per obbligo.

La fede è amore; l’amore non può essere imposto. Pertanto, la partecipazione all’Eucaristia domenicale «prima di essere una questione di precetto è una questione di identità. Il cristiano ha bisogno della domenica. Dal precetto si può anche evadere, dal bisogno no». È per andare incontro a questo bisogno che fin dal IV secolo la Chiesa ha sempre lottato perché il giorno del Signore sia anche un giorno di festa per l’uomo, libero da lavori schiavizzanti.

Silvano Sirboni,  liturgista