sabato 23 giugno 2018

Alberto Maggi: La voce del popolo non è la voce di Dio




Vox Populi, vox Dei (“Voce di popolo, voce di Dio”)? Questo popolare detto, che si fa impropriamente risalire alla Bibbia, non sembra trovare d’accordo Dio stesso... Anzi, la Sacra scrittura, come spiega il biblista Alberto Maggi su il Libraio, invita a diffidare dell’opinione popolare. Che spesso, credendo di esprimere la volontà del popolo, non fa altro che realizzare quella dei potenti che lo sottomettono...


La conosciuta espressione Vox Populi, vox Dei (“Voce di popolo, voce di Dio”), si adopera per affermare e rivendicare che l’opinione e il consenso popolare hanno sempre l’avallo divino e che quindi quel che il popolo crede, afferma, e soprattutto reclama, sia sempre vero, giusto e sacrosanto.Ma questo popolare detto, che si fa impropriamente risalire alla Bibbia stessa (Is 66,6), e che pare coniato dal filosofo e teologo anglosassone Alcuino di York (+ 804), non sembra trovare d’accordo Dio, anzi, la Sacra scrittura sembra insegnare il contrario, e invita a diffidare dell’opinione popolare che, spesso, credendo di esprimere la volontà del popolo, non fa altro che realizzare quella dei potenti che lo sottomettono.

Compito dei profeti è stato proprio di liberare il popolo dalle sue convinzioni, per permettere allo stesso di avere un orizzonte ben più ampio di quello limitato dei propri interessi. Infatti, il più delle volte, questa Vox populi viene fatta risuonare per confermare, esaltare o difendere privilegi, tradizioni, credenze e convenienze che nascondono spesso egoismi e pregiudizi difficili da sradicare. La denuncia costante che i profeti rivolgono al popolo è quella di avere occhi e di non vedere e orecchi e non ascoltare (Is 6,10; Ger 5,21; Ez 12,2) e, quando la voce di Dio non viene ascoltata, quella del popolo non può riflettere in alcun modo la sua volontà perché, come denuncia il Signore stesso “Questo popolo si avvicina a me solo con la sua bocca e mi onora con le sue labbra, mentre il suo cuore è lontano da me” (Is 29,13; Sal 78,36-37; Mt 15,8).

Sfogliando la Bibbia, si vede fin dalle prime pagine che non sempre il Padreterno si è trovato d’accordo con la voce del popolo, e comunque non l’ha mai garantita come espressione della volontà divina, cominciando dalla costruzione della torre di Babele, che Dio non gradì. Il Signore, infatti, non giudicò positivo che gli uomini fossero un “unico popolo e un’unica lingua” (Gen 11,6), ovvero un pensiero unico, una volontà comune: troppo pericoloso per l’umanità, che deve la sua forza e la sua crescita proprio alla ricchezza che viene dalla diversità, e s’impoverisce invece nella sterile uniformità. Per questo “il Signore li disperse di là su tutta la terra…” (Gen 11,8), e quel che sembrò un danno fu invece provvidenziale per l’umanità.Fu anche la voce unanime del popolo quella che, nel deserto, mentre Mosè era salito sul monte Sinai per parlare col Signore e ricevere “le tavole di pietra, scritte dal dito di Dio” (Es 31,18), chiese ad Aronne, di costruire un vitello d’oro (“Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa”, Es 32,1). Ma anche quella volta il Signore non solo non si mostrò d’accordo con la volontà popolare, ma si adirò, e “colpì il popolo, perché aveva fatto il vitello fabbricato da Aronne” (Es 32,35).

Anche quando questo popolo, ormai costituito e insediatosi nella sua terra, chiese all’unanimità al Signore di dare loro un re come tutti gli altri popoli, Dio espresse il suo parere contrario: “Il Signore disse a Samuele: «Ascolta la voce del popolo, qualunque cosa ti dicano, perché non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di loro” (1 Sam 8,7). Pure in questo caso evidentemente, la “voce del popolo” non era propriamente quella di Dio. E la monarchia, che il popolo volle, contro la volontà del suo Signore, fu l’inizio di un’immane tragedia. Saul, il primo re, impazzì (1 Sam 16,14), e morì suicida (1 Sam 31,4) rigettato dal Signore proprio per aver ascoltato la voce del popolo, che evidentemente, ancora una volta, non coincideva con quella di Dio (“Ho peccato per avere trasgredito il comando del Signore e i tuoi ordini, mentre ho temuto il popolo e ho ascoltato la sua voce…”, 1 Sam 15,24). Il trono venne preso da David. Adultero e assassino (2 Sam 11), il Signore lo maledisse (2 Sam 12,11-14) e gli impedì di costruire il Tempio con le parole: “perché hai versato troppo sangue sulla terra davanti a me” (1 Cr 22,8). La monarchia terminò con il terzo re, Salomone, che morì idolatra (1 Re 11,4-5) e venne liquidato dalla Bibbia con la severa sentenza: “Salomone commise il male agli occhi del Signore” (1 Re 11,6). Gli successe il figlio Roboamo, un incapace che portò il regno alla rovina, causando lo scisma che pose praticamen­te fine alla monarchia (1 Re 12,3ss) con la divisione delle dodici tribù che costituivano Israele e, in un crescendo di sanguinarie lotte fratricide, si giunse allo sfaldamento della nazione e all’inevitabile occupazione straniera.Anche la drammatica vicenda del profeta Geremia evidenzia il conflitto che può esistere tra la voce del popolo e quella di Dio. Su invito del suo Signore, Geremia annunciò al popolo che, se non tornava ad osservare la Legge divina, sarebbe stata la fine di Gerusalemme e la distruzione del suo tempio (Ger 26,1-6). La reazione all’invito a un cambio di condotta fu la violenza, e con il concorso di tutti, “i sacerdoti, i profeti e tutto il popolo lo arrestarono dicendo: «Devi morire! Perché hai predetto nel nome del Signore: «Questo tempio diventerà come Silo e questa città sarà disabitata»?». Tutto il popolo si radunò contro Geremia nel tempio del Signore” (Ger 26,8-9). Ma il profeta rispose ai capi e a tutto il popolo: “Migliorate dunque la vostra condotta e le vostre azioni e ascoltate la voce del Signore, vostro Dio, e il Signore si pentirà del male che ha annunciato contro di voi” (Ger 26,13).Secondo i vangeli anche Gesù diffida della voce del popolo, che non considera di provenienza divina e quando può se ne allontana, come la volta in cui tentarono di “rapirlo per farlo re” (Gv 6,15; Mc 1,37). Gesù voleva rendere il popolo libero, ma questo era disposto a rinunciare alla libertà che gli era stata offerta e preferiva l’obbedienza e la sottomissione a un re e, così come Mosè salì al monte da solo dopo il tradimento del popolo (Es 34,3-4), ugualmente Gesù si ritirò su il monte, da solo (Gv 6,15).Gesù pagherà caro il rifiuto di essere re del suo popolo, e quando si tratterà di scegliere tra lui e un assassino, la vox populi, vox Dei senza esitazione sceglierà Barabba, un criminale che “si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio” (Mc 15,8; Lc 23,19). Barabba, ribelle violento, rappresenta quel falso ideale di liberazione che non permetterà mai la vera crescita e emancipazione del popolo. Lasciandosi manovrare dalle autorità religiose, la folla rifiuta il dono di salvezza offerto da Gesù e sceglie ciò che sarà causa della sua rovina. La vox populi è facilmente manovrabile, e quella stessa folla che accolse festante Gesù con gli “Osanna!” sarà la stessa che griderà “Crocifiggi!” (Gv 19,6). La voce del popolo in realtà era quella delle autorità religiose, da sempre leste e abili nel manovrare i sentimenti della folla secondo i loro interessi (“I capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù”, Mt 27,20).No, la voce del popolo non è garanzia di essere la voce di Dio, ma solo se si ascolta la voce di Dio si è certi di essere suo popolo: “Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo” (Ger 7,23; 11,4).