giovedì 31 maggio 2018

Assisi OFM: Cosa vuole Dio oggi da me?

Cosa vuole Dio oggi da me?
Come distinguere “lo Spirito di Dio” dallo “spirito del mondo”?

San Paolo dà un criterio oggettivo di discernimento, lo stesso che aveva dato Gesù: quello dei frutti. Le “opere della carne” rivelano che un certo desiderio viene dall’uomo vecchio peccaminoso, “i frutti dello Spirito” rivelano che viene dallo Spirito.

A volte però questo criterio oggettivo non basta perché la scelta non è tra bene e male, ma è tra un bene e un altro bene e si tratta di vedere qual’è la cosa che Dio vuole, in una precisa circostanza. Fu soprattutto per rispondere a questa esigenza che sant’Ignazio di Loyola sviluppò la sua dottrina sul discernimento.

Egli invita a guardare soprattutto una cosa: le proprie disposizioni interiori, le intenzioni che stanno dietro a una scelta.

Sant’Ignazio ha suggerito dei mezzi pratici per applicare questi criteri. Uno è questo.

Quando si è davanti a due possibili scelte, giova soffermarsi prima su una, come se si dovesse senz’altro seguire quella, rimanere in tale stato per un giorno o più; quindi valutare le reazioni del cuore di fronte a tale scelta: se dà pace, se si armonizza con il resto delle proprie scelte; se qualcosa dentro di te ti incoraggia in quella direzione, o al contrario se la cosa lascia un velo di inquietudine … Ripetere il processo con la seconda ipotesi.

Il tutto in un clima di preghiera, di abbandono alla volontà di Dio, di apertura allo Spirito Santo.

Una abituale disposizione di fondo a fare, in ogni caso, la volontà di Dio, è la condizione più favorevole per un buon discernimento. Gesù diceva: “Il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato” (Gv 5, 30).

Il pericolo, in alcuni modi moderni di intendere e praticare il discernimento, è di accentuare a tal punto gli aspetti psicologici, da dimenticare l’agente primario di ogni discernimento che è lo Spirito Santo. C’è una profonda ragione teologica di ciò. Lo Spirito Santo è lui stesso la volontà sostanziale di Dio e quando entra in un’anima “si manifesta come la volontà stessa di Dio per colui nel quale si trova”.

Il frutto concreto di questa meditazione potrebbe essere una rinnovata decisione di affidarci in tutto e per tutto alla guida interiore dello Spirito Santo, come per una sorta di “direzione spirituale”. Anche noi, non dobbiamo intraprendere nulla se non è lo Spirito Santo a muoverci e senza averlo consultato prima di ogni azione.

Ne abbiamo il più luminoso esempio nella vita stessa di Gesù. Egli non intraprese mai nulla senza lo Spirito Santo. Con lo Spirito Santo andò nel deserto; con la potenza dello Spirito Santo ritornò e iniziò la sua predicazione; “nello Spirito Santo” si scelse i suoi apostoli; nello Spirito pregò e offrì se stesso al Padre. San Tommaso parla di questa conduzione interiore dello Spirito come di una specie di “istinto proprio dei giusti”: “Come nella vita corporale il corpo non è mosso se non dall’anima che lo vivifica, così nella vita spirituale ogni nostro movimento dovrebbe provenire dallo Spirito Santo”.

È così che agisce la “legge dello Spirito”; questo è ciò che l’Apostolo chiama un “lasciarsi guidare dallo Spirito”. Dobbiamo abbandonarci allo Spirito Santo come le corde dell’arpa alle dita di chi le muove.

Come bravi attori, tenere l’orecchio proteso alla voce del suggeritore nascosto, per recitare fedelmente la nostra parte nella scena della vita. È più facile di quanto si pensi, perché il nostro suggeritore ci parla dentro, ci insegna ogni cosa, ci istruisce su tutto.

Basta a volte una semplice occhiata interiore, un movimento del cuore, una preghiera.

Di un santo vescovo del II secolo, Melitone di Sardi, si legge questo bell’elogio che vorrei si potesse ripetere di ognuno di noi dopo morte: “Nella sua vita fece ogni cosa mosso dallo Spirito Santo”.

martedì 29 maggio 2018

Jean Louis Ska "Politica e profezia"

«Un politico [...] è qualcuno che pensa alle prossime elezioni, mentre lo statista pensa alla
generazione futura. Il politico pensa al successo del suo partito, lo statista al bene del suo Paese....

Testo integrale

Enzo Bianchi "L’urgenza della gioia"

Una lettura della «Gaudete et exsultate» ·
Enzo Bianchi
L'Osservatore Romano del 28 maggio 2018

Papa Francesco: siamo tutti chiamati alla santità

Sintesi dell'Esortazione Apostolica "Gaudete et Exultate"

lunedì 28 maggio 2018

Catechesi di Papa Francesco sulla Santa Messa: Introduzione

PAPA FRANCESCO

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 8 novembre 2017




La Santa Messa - 1. Introduzione

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Iniziamo oggi una nuova serie di catechesi, che punterà lo sguardo sul “cuore” della Chiesa, cioè l’Eucaristia. È fondamentale per noi cristiani comprendere bene il valore e il significato della Santa Messa, per vivere sempre più pienamente il nostro rapporto con Dio.

Non possiamo dimenticare il gran numero di cristiani che, nel mondo intero, in duemila anni di storia, hanno resistito fino alla morte per difendere l’Eucaristia; e quanti, ancora oggi, rischiano la vita per partecipare alla Messa domenicale. Nell’anno 304, durante le persecuzioni di Diocleziano, un gruppo di cristiani, del nord Africa, furono sorpresi mentre celebravano la Messa in una casa e vennero arrestati. Il proconsole romano, nell’interrogatorio, chiese loro perché l’avessero fatto, sapendo che era assolutamente vietato. Ed essi risposero: «Senza la domenica non possiamo vivere», che voleva dire: se non possiamo celebrare l’Eucaristia, non possiamo vivere, la nostra vita cristiana morirebbe.

In effetti, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,53-54).

Quei cristiani del nord Africa furono uccisi perché celebravano l’Eucaristia. Hanno lasciato la testimonianza che si può rinunciare alla vita terrena per l’Eucaristia, perché essa ci dà la vita eterna, rendendoci partecipi della vittoria di Cristo sulla morte. Una testimonianza che ci interpella tutti e chiede una risposta su che cosa significhi per ciascuno di noi partecipare al Sacrificio della Messa e accostarci alla Mensa del Signore. Stiamo cercando quella sorgente che “zampilla acqua viva” per la vita eterna?, che fa della nostra vita un sacrificio spirituale di lode e di ringraziamento e fa di noi un solo corpo con Cristo? Questo è il senso più profondo della santa Eucaristia, che significa “ringraziamento”: ringraziamento a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo che ci coinvolge e ci trasforma nella sua comunione di amore.

Nelle prossime catechesi vorrei dare risposta ad alcune domande importanti sull’Eucaristia e la Messa, per riscoprire, o scoprire, come attraverso questo mistero della fede risplende l’amore di Dio.

Il Concilio Vaticano II è stato fortemente animato dal desiderio di condurre i cristiani a comprendere la grandezza della fede e la bellezza dell’incontro con Cristo. Per questo motivo era necessario anzitutto attuare, con la guida dello Spirito Santo, un adeguato rinnovamento della Liturgia, perché la Chiesa continuamente vive di essa e si rinnova grazie ad essa.

Un tema centrale che i Padri conciliari hanno sottolineato è la formazione liturgica dei fedeli, indispensabile per un vero rinnovamento. Ed è proprio questo anche lo scopo di questo ciclo di catechesi che oggi iniziamo: crescere nella conoscenza del grande dono che Dio ci ha donato nell’Eucaristia.

L’Eucaristia è un avvenimento meraviglioso nel quale Gesù Cristo, nostra vita, si fa presente. Partecipare alla Messa «è vivere un’altra volta la passione e la morte redentrice del Signore. È una teofania: il Signore si fa presente sull’altare per essere offerto al Padre per la salvezza del mondo» (Omelia nella S. Messa, Casa S. Marta, 10 febbraio 2014). Il Signore è lì con noi, presente. Tante volte noi andiamo lì, guardiamo le cose, chiacchieriamo fra noi mentre il sacerdote celebra l’Eucaristia… e non celebriamo vicino a Lui. Ma è il Signore! Se oggi venisse qui il Presidente della Repubblica o qualche persona molto importante del mondo, è sicuro che tutti saremmo vicino a lui, che vorremmo salutarlo. Ma pensa: quando tu vai a Messa, lì c’è il Signore! E tu sei distratto. È il Signore! Dobbiamo pensare a questo. “Padre, è che le messe sono noiose” - “Ma cosa dici, il Signore è noioso?” - “No, no, la Messa no, i preti” – “Ah, che si convertano i preti, ma è il Signore che sta lì!”. Capito? Non dimenticatelo. «Partecipare alla Messa è vivere un’altra volta la passione e la morte redentrice del Signore».

Proviamo ora a porci alcune semplici domande. Per esempio, perché si fa il segno della croce e l’atto penitenziale all’inizio della Messa? E qui vorrei fare un’altra parentesi. Voi avete visto come i bambini si fanno il segno della croce? Tu non sai cosa fanno, se è il segno della croce o un disegno. Fanno così [fa un gesto confuso]. Bisogna insegnare ai bambini a fare bene il segno della croce. Così incomincia la Messa, così incomincia la vita, così incomincia la giornata. Questo vuol dire che noi siamo redenti con la croce del Signore. Guardate i bambini e insegnate loro a fare bene il segno della croce. E quelle Letture, nella Messa, perché stanno lì? Perché si leggono la domenica tre Letture e gli altri giorni due? Perché stanno lì, cosa significa la Lettura della Messa? Perché si leggono e che c’entrano? Oppure, perché a un certo punto il sacerdote che presiede la celebrazione dice: “In alto i nostri cuori?”. Non dice: “In alto i nostri telefonini per fare la fotografia!”. No, è una cosa brutta! E vi dico che a me dà tanta tristezza quando celebro qui in Piazza o in Basilica e vedo tanti telefonini alzati, non solo dei fedeli, anche di alcuni preti e anche vescovi. Ma per favore! La Messa non è uno spettacolo: è andare ad incontrare la passione e la risurrezione del Signore. Per questo il sacerdote dice: “In alto i nostri cuori”. Cosa vuol dire questo? Ricordatevi: niente telefonini.

È molto importante tornare alle fondamenta, riscoprire ciò che è l’essenziale, attraverso quello che si tocca e si vede nella celebrazione dei Sacramenti. La domanda dell’apostolo san Tommaso (cfr Gv 20,25), di poter vedere e toccare le ferite dei chiodi nel corpo di Gesù, è il desiderio di potere in qualche modo “toccare” Dio per credergli. Ciò che San Tommaso chiede al Signore è quello di cui noi tutti abbiamo bisogno: vederlo, toccarlo per poterlo riconoscere. I Sacramenti vengono incontro a questa esigenza umana. I Sacramenti, e la celebrazione eucaristica in modo particolare, sono i segni dell’amore di Dio, le vie privilegiate per incontrarci con Lui.

Così, attraverso queste catechesi che oggi cominciano, vorrei riscoprire insieme a voi la bellezza che si nasconde nella celebrazione eucaristica, e che, una volta svelata, dà senso pieno alla vita di ciascuno. La Madonna ci accompagni in questo nuovo tratto di strada. Grazie.

sabato 26 maggio 2018

Rapporto tra religione e comunicazione on line

Intervista a Gioba, Don Giovanni Berti, prete e vignettista, su un tema particolarmente attuale: il rapporto tra religione e comunicazione online.

giovedì 24 maggio 2018

I cattolici e l'impegno pubblico. Il punto e il dovere

Sarà meglio prenderle sul serio, e comprenderle per davvero, le parole «libere e forti» che ieri il cardinale Gualtiero Bassetti ha pronunciato con tono piano e senza un briciolo di retorica davanti all’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana. Ha parlato ai confratelli vescovi tanto quanto ai laici cattolici, il presidente della Cei, e ha detto qualcosa sull’impegno politico che riguarda tutti e, soprattutto, riguarda il bene presente e futuro del Paese, e che ha trovato come inaspettata eppure perfetta eco nella conclusione della relazione sulla «presenza ecclesiale» nei vecchi e nuovi ambienti mediatici che poco dopo è stata tenuta dal professor Pier Cesare Rivoltella. «Mai come oggi – ha scandito lo studioso della comunicazione – cristianesimo può voler dire cittadinanza». I lettori sanno quanto, e quanto appassionatamente, su questo punto anche su queste pagine si insista. Perché una simile consapevolezza è decisivo motore di impegno pubblico, umile ma deciso.
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Resilienza e dono

"Resilienza: una parola che dalle scienze meccaniche è stata cooptata nelle scienze della formazione e da alcuni anni suscita un interesse rilevante. Dalle ricerche sociologiche, anni fa era emerso che bambini cresciuti con disagi profondi e di vario genere, di fronte alle difficoltà della vita mostravano maggiore energia positiva e capacità di rigenerarsi rispetto a bambini cresciuti in contesti positivi..."
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mercoledì 23 maggio 2018

Mons. Galantino – È ora di spalancare le finestre dell’anima

Dev’essere stato surreale il silenzio che, quel primo Sabato Santo, circondava gli spazi
immediatamente circostanti la tomba messa a disposizione da Giuseppe di Arimatea per seppellire il corpo di Gesù. Un silenzio unico perché raccoglieva in sé tante altre forme di silenzio. Silenziosa infatti è la solitudine di un anziano che rientra nella sua casa vuota; silenzioso è il dolore di un malato nel suo letto di ospedale, o la delusione di un bambino, o le lacrime di un amante tradito. Silenzioso è Dio che tace, anche di fronte al grido stravolto dell’uomo ferito.

Il silenzio del Sabato Santo, e qualsiasi altra forma di silenzio, è come un paio di mani vuote, chiuse ad attendere; è come lo sguardo lucido di una madre che per la prima volta vede il suo bambino.

È un intervallo, una pausa, come quella posta tra le note per far risuonare l’armonia. È come lo spazio vuoto tra una parola e l’altra: serve a dare un senso alla scrittura e a trasmettere, così, un messaggio altrimenti incomprensibile.

Clarice Lispector, concludendo un suo libro scrive: «Il meglio non è ancora stato scritto. Il meglio è fra le righe». Ci è chiesta l’intelligenza di saper leggere tra le righe, ci è chiesta la pazienza di riuscire a intuire quel che non è detto, quel che non può venir detto. Perché le parole non bastano: sciuperebbero tutto.

Ci viene chiesta la capacità e il coraggio di immergerci in questo silenzio, come ci si immerge nel mare di notte. Notte e silenzio sono fratelli: possono entrambi far paura, ma anche farci giungere a un approdo luminoso. Quasi un gancio che ci permette di aggrapparci all’invisibile, o a quella zona quieta e nascosta in noi dove tutto è placato oppure, per dirla ancora con la Lispector, «quel cuore che batte nel mondo».

Per il credente «quel cuore che batte nel mondo» è il Signore Risorto. Come il pulsare del cuore, Egli chiede di essere accolto tra le righe del nostro vivere, tra i rumori e le preoccupazioni che affollano la nostra mente. Se accolto, può diventare il “meglio” di noi. Ci apre alla contemplazione restituendoci il gusto della vita e della bellezza. Non la bellezza eterea ed evanescente ma quella impastata di fatica e di sudore.

Proprio come la fatica e il sudore che hanno prodotto un quadro meraviglioso, una scultura imponente, una musica celestiale: racchiudono tutto il tormento e l’impegno del loro autore. Proprio per questo, sono belle!

Le brutture, anche quelle della vita personale e di quella pubblica, si superano facendosi guidare sulle vie della bellezza. Sembra perfetta la bellezza, ma nasce dalla imperfezione, dal superamento dei limiti e delle fragilità. Nei momenti di crisi, come quelli che stiamo vivendo oggi, abbiamo bisogno di questa certezza: quando tutto ci sembra brutto e irrimediabilmente compromesso,  quando le nostre relazioni ci sembrano aride e sterili proprio allora possiamo far nascere la bellezza, possiamo regalare un gesto o uno sguardo che addolciscano la bruttura e l’aridità. E mi sorprende sempre pensare a quanto la bellezza sia unita alla tenerezza. Un verso di Alda Merini dice: «La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori». Questa scintilla di luce che scaturisce da una frattura, questo lampo che improvvisamente rischiara quel che sembrava una rovina o una maceria, è quanto di più grande possiamo vivere, è l’esperienza più vicina al mistero della creazione e alla realtà della Pasqua.

Quando Dio creò l’universo e si fermò, ammirando quel che aveva creato, un guizzo di tenerezza avrà sicuramente attraversato il suo cuore: perché il bello è sempre intimamente connesso al bene, alla capacità di restituire alla vita il senso della meraviglia. Come se il male non fosse che un progressivo allontanarsi da una sorgente segreta e cristallina che sempre fluisce in noi, a cui l’improvvisa irruzione della bellezza ci fa tornare, ci immerge, ci vivifica.

Mi tornano in mente le parole di Christiane Singer: «La domanda che ci sarà fatta alla fine della nostra vita sarà semplice. Non “chi sei stato?”, ma: “che cosa hai lasciato passare attraverso di te?” Che qualità, che suono? che cosa hai salvato, nascosto nel cuore? A chi hai riflesso il suo splendore segreto? Che libro hai fatto vivere, amandolo? Quale concerto, ascoltandolo di continuo? Di che cosa ti sei preso cura? A che cosa hai aperto il passaggio?».

Aprire il passaggio che dalla morte porta alla vita. Ribaltare la pietra che teneva sigillata quella tomba è il fatto che celebriamo a Pasqua. È importante spalancare porte e finestre della propria anima, raccogliersi, lasciarsi sorprendere dal passaggio improvviso di una luce e concentrarsi sulla cura e l’attenzione alle minime cose.

Sono legate Creazione e Pasqua di Resurrezione, bellezza e tenerezza. Sono abbracciate l’una all’altra, camminano unite, a passi leggeri, nel nostro cuore quando ne veniamo accarezzati. Ne restiamo sorpresi e quasi sconvolti, sembra quasi che ci pungano dolcemente il cuore. A Pasqua una tenebra si è squarciata, il silenzio è stato rotto, il buio si è illuminato lasciando il posto al calore e al bagliore di una possibilità nuova. Per tutti.

NUNZIO GALANTINO

Fonte
Il Sole 24 Ore – COMMENTI E INCHIESTE / Testimonianze dai confini – 31 marzo 2018

martedì 22 maggio 2018

Ravasi. «È un tempo di trasformazioni radicali: capirle per non restarne disorientati»

Tra multiculturalismo, erosione delle identità e fragilità dei nuovi modelli, postverità, siamo in un’epoca di cambio di paradigma socio-culturale. Una riflessione del cardinale Ravasi alla Lumsa

Ecco li testo integrale

Zuppi. Chiesa e persone Lgbt sul ponte dell'incontro

"Rispetto, compassione e sensibilità. Sono i tre atteggiamenti che padre James Martin, gesuita americano, chiede alla Chiesa nei confronti delle persone Lgbt. Ma è anche quello che, allo stesso modo, chiede alle persone Lgbt nei confronti della Chiesa. ..."
Suggerisco questo articolo molto equilibrato che fa il punto della situazione sul testo del Gesuita Martin, dopo il cessato "clamore mediatico" che ha accompagnato i primi giorni della presentazione del suo libro. Fuoco di sbarramento, attacchi ideologici, tutto questo non serve né agli uni né, tanto meno, agli altri. Dialogo, rispetto, venirsi incontro e soprattutto "amore per il fratello/sorella", questi sono gli atteggiamenti giusti per una sana accoglienza e convivenza degna dello spirito del Vangelo.
Il testo integrale

lunedì 21 maggio 2018

Papa Francesco: Perché andare a messa la domenica?

Carissimi amici, di seguito ho riportato il testo di una delle catechesi
di Papa Francesco sul senso profondo della Messa. Oggi, più che mai, è importante per noi cattolici riscoprirne il valore e l'importanza per favorirne la partecipazione. E' un invito rivolto a tutti, senza la domenica (così vissuta) non possiamo vivere! Non possiamo continuare a vivere una fede "fai da te" distratti da cose inutili ( o secondari) rispetto al cuore della nostra esperienza di credenti.
Appena mi sarà possibile pubblicherò altro per approfondire questa tematica.



PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI  - Mercoledì, 13 dicembre 2017


La Santa Messa - 4. Perché andare a Messa la domenica?

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Riprendendo il cammino di catechesi sulla Messa, oggi ci chiediamo: perché andare a Messa la domenica?

La celebrazione domenicale dell'Eucaristia è al centro della vita della Chiesa (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2177). Noi cristiani andiamo a Messa la domenica per incontrare il Signore risorto, o meglio per lasciarci incontrare da Lui, ascoltare la sua parola, nutrirci alla sua mensa, e così diventare Chiesa, ossia suo mistico Corpo vivente nel mondo.

Lo hanno compreso, fin dalla prima ora, i discepoli di Gesù, i quali hanno celebrato l’incontro eucaristico con il Signore nel giorno della settimana che gli ebrei chiamavano “il primo della settimana” e i romani “giorno del sole”, perché in quel giorno Gesù era risorto dai morti ed era apparso ai discepoli, parlando con loro, mangiando con loro, donando loro lo Spirito Santo (cfr Mt 28,1; Mc 16,9.14; Lc 24,1.13; Gv 20,1.19), come abbiamo sentito nella Lettura biblica. Anche la grande effusione dello Spirito a Pentecoste avvenne di domenica, il cinquantesimo giorno dopo la risurrezione di Gesù. Per queste ragioni, la domenica è un giorno santo per noi, santificato dalla celebrazione eucaristica, presenza viva del Signore tra noi e per noi. E’ la Messa, dunque, che fa la domenica cristiana! La domenica cristiana gira intorno alla Messa. Che domenica è, per un cristiano, quella in cui manca l’incontro con il Signore?

Ci sono comunità cristiane che, purtroppo, non possono godere della Messa ogni domenica; anch’esse tuttavia, in questo santo giorno, sono chiamate a raccogliersi in preghiera nel nome del Signore, ascoltando la Parola di Dio e tenendo vivo il desiderio dell’Eucaristia.

Alcune società secolarizzate hanno smarrito il senso cristiano della domenica illuminata dall’Eucaristia. E’ peccato, questo! In questi contesti è necessario ravvivare questa consapevolezza, per recuperare il significato della festa, il significato della gioia, della comunità parrocchiale, della solidarietà, del riposo che ristora l’anima e il corpo (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2177-2188). Di tutti questi valori ci è maestra l’Eucaristia, domenica dopo domenica. Per questo il Concilio Vaticano II ha voluto ribadire che «la domenica è il giorno di festa primordiale che deve essere proposto e inculcato alla pietà dei fedeli, in modo che divenga anche giorno di gioia e di astensione dal lavoro» (Cost. Sacrosanctum Concilium, 106).

L’astensione domenicale dal lavoro non esisteva nei primi secoli: è un apporto specifico del cristianesimo. Per tradizione biblica gli ebrei riposano il sabato, mentre nella società romana non era previsto un giorno settimanale di astensione dai lavori servili. Fu il senso cristiano del vivere da figli e non da schiavi, animato dall’Eucaristia, a fare della domenica – quasi universalmente – il giorno del riposo.

Senza Cristo siamo condannati ad essere dominati dalla stanchezza del quotidiano, con le sue preoccupazioni, e dalla paura del domani. L’incontro domenicale con il Signore ci dà la forza di vivere l’oggi con fiducia e coraggio e di andare avanti con speranza. Per questo noi cristiani andiamo ad incontrare il Signore la domenica, nella celebrazione eucaristica.

La Comunione eucaristica con Gesù, Risorto e Vivente in eterno, anticipa la domenica senza tramonto, quando non ci sarà più fatica né dolore né lutto né lacrime, ma solo la gioia di vivere pienamente e per sempre con il Signore. Anche di questo beato riposo ci parla la Messa della domenica, insegnandoci, nel fluire della settimana, ad affidarci alle mani del Padre che è nei cieli.

Cosa possiamo rispondere a chi dice che non serve andare a Messa, nemmeno la domenica, perché l’importante è vivere bene, amare il prossimo? E’ vero che la qualità della vita cristiana si misura dalla capacità di amare, come ha detto Gesù: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35); ma come possiamo praticare il Vangelo senza attingere l’energia necessaria per farlo, una domenica dopo l’altra, alla fonte inesauribile dell’Eucaristia? Non andiamo a Messa per dare qualcosa a Dio, ma per ricevere da Lui ciò di cui abbiamo davvero bisogno. Lo ricorda la preghiera della Chiesa, che così si rivolge a Dio: «Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie; i nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva» (Messale Romano, Prefazio comune IV).

In conclusione, perché andare a Messa la domenica? Non basta rispondere che è un precetto della Chiesa; questo aiuta a custodirne il valore, ma da solo non basta. Noi cristiani abbiamo bisogno di partecipare alla Messa domenicale perché solo con la grazia di Gesù, con la sua presenza viva in noi e tra di noi, possiamo mettere in pratica il suo comandamento, e così essere suoi testimoni credibili.

Gianfranco Ravasi Lo Spirito ci dona il discernimento

"L’effusione dello Spirito Santo nella Pentecoste s’irradia in luce e amore, come attesta la simbologia del fuoco. Abbiamo, così, pensato in questa solennità di interrompere la nostra ormai lunga serie di storie di vocazione e di fermarci su una parola che evoca un’illuminazione spirituale...."
Testo integrale...

E. Biadene "Il cristianesimo come arte dell’ascolto"

Il testo di un intervento di Emiliano Biadene, monaco di Bose, dedicato al tema dell’ascolto, proposto il 4 ottobre 2017 agli operatori delle Caritas toscane.

Santissima Trinità: una spiegazione autorevole

Per chi volesse approfondire il significato della solennità di domenica prossima, qui troverete una spiegazione esaustiva

venerdì 18 maggio 2018

giovedì 17 maggio 2018

K. Rhaner: La grandezza del cosmo come problema esistentivo e teologico

In questo brano Rahner si chiede se l’enorme allargamento di orizzonti spazio-temporali, che giunge a creare nell’uomo l’idea di essersi ormai “perso” nel cosmo, abbia una qualche valenza teologica. Egli ne conclude che gli uomini, mentre riconoscono e accettano il loro “abbandono” cosmico, con ciò si pongono già al di sopra di esso e lo possono condividere come espressione e mediazione di una profonda esperienza della contingenza, quale vera esperienza teologica e creaturale. Rahner si dichiara infine possibilista circa l’esistenza di vita su altri mondi diversi dalla Terra.
Ecco l'articolo tratto da Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede 

Il filosofo. Pigliucci: «La verità della scienza? Nella sua fallibilità» Agorà, Avvenire.

Scienza senza limiti? Di fronte ai mille traguardi raggiunti dalla ricerca, molti sono tentati di rispondere affermativamente. Ma senza limiti si rischia di finire nello scientismo, ovvero in un infondato affidamento alla scienza per ogni tipo di conoscenza. Lo argomenta persuasivamente da tempo Massimo Pigliucci, scienziato di formazione, docente di filosofia al City College of New York e curatore (con M. Boudry) del recentissimo Science Unlimited? The Challenges of Scientism. Critico senza sconti di ogni fideismo, Pigliucci, romano, da decenni negli Usa, propone un approccio che eviti esiti irrazionali. 
L'articolo di Avvenire

Enzo Bianchi "Le tre porte della parola"

"I cristiani che vogliono vivere quotidianamente e concretamente il Vangelo di Gesù sanno che una delle difficoltà più grandi che incontrano è la pratica del perdono.
Gesù è stato molto chiaro al riguardo: “Amate i vostri nemici, perdonate a chi vi ha fatto del male, pregate per i vostri persecutori..."
Qui il testo integrale

lunedì 14 maggio 2018

Bullismo. Si impone un esame di coscienza per tutti

"La cronaca recente ci ha abituati al ritorno di una parola, che vorremmo non dover utilizzare mai: bullismo. Il termine sta a indicare i comportamenti verbali, fisici e psicologici di sopraffazione. Si tratta di comportamenti reiterati nel tempo, che un individuo o un gruppo di individui mettono in atto a danno di persone più deboli: proprio così il bullismo è segno e prodotto di una triplice forma di fragilità..."
Il testo integrale.

Violenza sulle donne e religioni


Si è tenuta il 2 maggio 2018 a Bologna la terza tavola rotonda interreligiosa sul tema Violenza sulle

donne e religioni organizzata dal gruppo SAE di Bologna insieme con la Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXXIII.

Qui si possono ascoltare i files audio

"E LA PAROLA SI FA VITA" di CARLO MARIA MARTINI

La sensibilità postconciliare ci porta tutti, pastori e fedeli, a riaccostare la Sacra Scrittura. Non solo per l'abbondanza dell'uso liturgico offerto dalla Chiesa ma anche per quella lettura corale e personale della Parola che va oltre la semplice riflessione, divenendo nutrimento del cuore. La tradizione cristiana, per esprimere questo atteggiamento spirituale di fronte al testo sacro, ha coniato un'espressione forte, pregnante: lectio divina. Il nostro introdurci nel mondo della Scrittura ha senso se si arriva a questa dimensione, altrimenti rimane arida conoscenza, erudizione, studio infruttuoso per il nostro «sentire» cristiano.
Il testo integrale...

Mons. Crepaldi in Senato: “Senza il riferimento al Creatore, l’ordine naturale si indebolisce e poco a poco viene perso di vista”

 Liberare la libertà. Fede e politica nel terzo millennio (Cantagalli, Siena 2018), il nuovo volume di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, è stato presentato a Roma, venerdì 11 maggio, con inizio alle ore 18, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani.
Qui l'intervento per intero
"...La politica, la morale, la fede: questi sono i tre termini che fanno da cornice ai contenuti del libro e che, occorre riconoscerlo, costituiscono il quadro dell’intera Dottrina sociale della Chiesa. La politica ha bisogno della morale. Essa non è direttamente morale, perché ha una sua legittima autonomia di criteri e di metodi. Però non può prescindere dalla morale, come testimoniano i comuni cittadini che sono spesso molto rigorosi nel giudicare la politica proprio dal punto di vista etico, e come testimoniano anche gli uomini politici che sentono sempre il bisogno di giustificare secondo il bene e la giustizia le scelte che operano. Non c’è uomo politico che non presenti come “buona” e “giusta” l’azione che sta per intraprendere"

sabato 12 maggio 2018

Società multiculturale e bene comune. Se l’immigrazionismo cattolico sovverte la Dottrina sociale della Chiesa

Per chi volesse approfondire la questione della dottrina sociale della Chiesa rispetto al fenomeno
delle migrazioni e dei problemi che soggiacciono al momento dell'accoglienza.
Come uscire dall'empasse?
Società multiculturale, bene comune, religioni....
Un contributo che può e deve far riflettere tutti.

mercoledì 9 maggio 2018

Vener. Mons. Luigi Novarese:che cos'è il corpo mistico


Uno scritto che seppur datato è di grande attualità; utilissimo per il bene della Chiesa. 


"Un corpo non può odiare le proprie membra; soffre a causa del malessere di uno e se ne priva soltanto in vista del bene totale dell’organismo. Così nella vita del Cristiano: il fratello non può odiare il fratello, perché questo è membro del corpo mistico di cui Cristo è il Capo."

martedì 8 maggio 2018

Adrianus Simonis, Arcivescovo di Utrecht: L'eterno nel presente

Una riflessione teologica sul senso del tempo e dell'intervento di Dio nella storia. Sono consapevole
che a non tutti potrebbe interessare ma, vale la pena provare a leggerlo.
Ad captandam benevolentiam (per attirare la vostra benevolenza) nell'ascoltare il mio intervento su di un tema così difficile, voglio iniziare con una piccola storiella che forse alcuni di voi già conoscono.
Un giudeo domanda al Signore: "Che cosa sono per Te mille anni?" Risposta: "Un istante". Allora il giudeo domanda nuovamente: "Che cosa sono per Te mille talenti?" Risposta: "Un centesimo". Allora il giudeo: "Ah, dammi un centesimo!" Il Signore risponde: "Aspetta un istante".
Da questa storiella possiamo imparare qualche cosa: primo, che parlare dell'eterno nell'istante non è facile, ma anche che senza l'uno non si può capire l'altro. Vorrei fare una seconda osservazione: anche se non fosse vero che il Signore ha parlato così come nella storiella che ho raccontato tuttavia le sue parole per noi dopo duemila anni hanno ancora un valore....

lunedì 7 maggio 2018

Gaetano Piccolo, Credere Oggi: Chi è la persona che discerne?

Vi propongo un interessantissimo contributo che tratta della, ormai desueta, arte del discernimento.
Una pratica che, mai come oggi, dovrebbe essere eseguita da tutti coloro i quali vogliono dare un senso alla propria vita e non seguire la corrente. Dare atto alle proprie potenzialità e realizzare  ciò che si è nella realtà e non nella propria immaginazione.
Lascio a voi la debita riflessione dopo la lettura del testo integrale. 
"...Uno dei motivi per cui il discernimento non è di moda è il fatto che esso richiede un’assunzione di responsabilità. Discernere vuol dire esercitare la libertà rispetto alle passioni. Discernere vuol dire non andare dove ci porta il cuore, ma chiederci cosa ci spinga ad andare in una certa direzione piuttosto che in un’altra. La nostra volontà mette in luce una tensione, davanti alla quale il nostro intelletto è chiamato a riflettere. L’intelletto non obbliga la volontà, mostra piuttosto l’opportunità e le conseguenze. La nostra volontà rimane libera. E la persona è chiamata ad assumersi la propria responsabilità rispetto alla scelta di una certa strada..."

domenica 6 maggio 2018

Riflessioni ad alta voce: amore che si fa servizio


Gc 1, 21 Perciò, deposta ogni impurità e ogni resto di malizia, accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime. 22 Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi. 23 Perché se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio: 24 appena s'è osservato, se ne va, e subito dimentica com'era. 25 Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, 
non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla.

    Carissimi amici, prendo spunto da questo testo di Giacomo per introdurre una mia riflessione "ad alta voce" su alcuni temi che ci vengono proposti dal Vg.
       Anzitutto dovremmo fare tesoro di quanto la liturgia in questi ultimi giorni ci ha suggerito più e più volte: restare innestati a Cristo (vite vera) e da Lui succhiare la linfa vitale che ci farà portare frutto. Se resteremo in questa condizione di unione, ma non di dipendenza passiva, avremo la capacità di portare frutti buoni (significativi) per gli uomini e le donne di questo tempo.
    Gesù quest'oggi ci chiede di amare gli altri come Lui ci ha amati! E' l'unico comandamento che Egli ha lasciato ai suoi discepoli. Unico, irripetibile, che va "tradotto" nelle molteplici azioni che ci devono accompagnare nel vivere quotidiano. Direbbe l'apostolo Paolo, a tal proposito: “Tutta la Legge nella sua pienezza è riassunta nell’unica parola: ‘Amerai!’” (cf. Gal 5,14). 
      In questo consiste lo "scandalo" cristiano! Questo è il sunto di tutta la Scrittura. Dall'amore, così come Gesù lo intende, “dipendono tutta la Legge e i Profeti” (cf. Mt 22,40).  
    Ma in che cosa consiste questo amore di cui Gesù parla? Ce lo spiega Lui stesso, sempre nel Vangelo di Giovanni, nel segno della lavanda dei piedi (Gv 13, 1-15). Un amore che, sgorgato dal cuore di Cristo, deve essere trasformarlo in energia caritativa così come Lui ci ha insegnato. 
     Enzo Bianchi a tal proposito scrive nel suo commento al Vg di oggi: "Solo mettendoci a servizio degli altri, solo facendo il bene agli altri, solo spendendo la vita per gli altri, noi possiamo sapere di dimorare, di restare nell’amore di Gesù, come egli sa di restare nell’amore del Padre. Senza questo amore fattivo non c’è possibilità di una relazione con Gesù e neppure con il Padre, ma c’è solo l’illusione religiosa di una relazione immaginaria e falsa con un idolo da noi forgiato e quindi amato e venerato".
      Qui il punto dolente: la Chiesa, i cristiani, che non vivono in pienezza il "comandamento" dell'amore hanno falsato l'insegnamento del Vg e la trasmissione della volontà di Gesù. Egli ci chiama ad un "servizio" continuo. La nostra vita deve diventare "servizio", non per falsa umiltà (quindi solo in rare occasioni e possibilmente ben pubblicizzate perché appaiano) ma come risposta a quella chiamata originaria che ci invita ad un amore disinteressato e totale verso il prossimo. 
      Enzo Bianchi a tal proposito continua dicendo: "Ecco, noi cristiani, comunità del Signore nel mondo e tra gli uomini, dobbiamo avere la consapevolezza di essere originati dalla carità, dall’amore di Dio. Ecclesia ex caritate: la chiesa nasce dalla carità di Dio e solo se dimora in tale carità può anche essere chiesa che opera la carità, sapendo che l’amore non può mai essere disgiunto dall’obbedienza al Signore. Infatti è il “comandamento”che sa indirizzare plasmare il nostro amore in conformità all’amore di Cristo, che ci spinge addirittura ad amare il non amabile, a operare la carità verso il nemico o verso chi ha commesso il male nei nostri confronti".
     Amare il non amabile! Questo è un tema che deve porre ciascuno in una crisi profonda. Crisi intesa come momento di verifica personale e comunitaria. Per essere "amici di Gesù", secondo quanto afferma il Vangelo di oggi, dobbiamo obbedire a questo precetto: AMARE!
Non ci sono giustificazioni, non ci sono alibi. Amare significa anche fare verità così come ci ha chiesto Giacomo nel brano proposto. Ascoltare la Parola e metterla in pratica.
     Mi chiedo e vi chiedo:
  • Come intendo il "comandamento" dell'Amore? Amo me stesso, i miei cari e chi mi vuol bene? Se sì devo rivedere il mio modo di vivere la mia fede.
  • Un errore comune che impedisce il cambiamento: se non sono innestato a Cristo, quotidianamente, intimamente le cose non cambieranno. Dobbiamo necessariamente cambiare il nostro rapporto con Dio. Vale la pena pensarci e da questa riflessione troveremo anche il tempo necessario.
  • La stessa chiesa (gerarchia e popolo santo) deve fare un passaggio qualitativo. Da una fede fatta di "auto-celebrazione", di "auto-compiacimento", di "auto-commiserazione", bisogna passare ad una fede viva intesa come fede di "adorazione" e di "testimonianza".
  • Basta con la ricerca spasmodica di una fede "emozionale". Questa è una droga che porta alla dipendenza e al ripiegamento su se stessi.
  • La fede, rapporto di amicizia con il Risorto, è adorazione di una Verità che ci spinge a fare verità fuori e dentro di noi. Una verità che vuol gridare al mondo come "si va in cielo, non come va il cielo". (Galileo, Lettera a Cristina di Lorena)
  • La Chiesa si deve occupare di Dio: adorarlo, viverlo, annunciarlo. Questa è la missione: "non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto". Per portare frutto la comunità cristiana deve andare, la comunità dei seguaci di Gesù non deve attendere che le persone vengano, ma deve andare. Verso dove? Verso gli emarginati, verso gli invisibili, verso le persone disprezzate, "e il vostro frutto rimanga."
  • Facciamo il bene, facciamolo bene, facciamolo per il solo bene.
    Anche in internet si può testimoniare: fate girare le verità di Cristo, aiuteremo il mondo.
Buona domenica
P. P.

venerdì 4 maggio 2018

Gianfranco Ravasi "Fede e Ragione"

Gianfranco Ravasi 
Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
Martedì 10 aprile 2018

Aula Magna Cavallerizza, Università di Torino

La lezione apre le Caligara Lectures 2018, che prevedono nei mesi di aprile e maggio due conferenze per due letture parallele sul rapporto e dialogo tra Fede e Ragione: un tema sempre attuale e profondo, nelle diverse angolazioni in cui viene affrontato.

La prima, il 10 aprile nell’Aula Magna dell’Università della Cavallerizza Reale, di ispirazione più umanistica e spirituale affidata al Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.


giovedì 3 maggio 2018

La civiltà della vita e le leggi che la minacciano. Intervento di Mons. Crepaldi al Centro Studi Livatino.


Miei cari amici, pongo alla vostra attenzione l'intervento di S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, suggerito  da una collaboratrice del blog. 
Sebbene in alcuni passaggi non condivido a pieno il pensiero di Mons Crepaldi, credo che, per onestà intellettuale, valga la pena soffermarsi nella lettura del suo intervento.
Vi avviso subito che sia il tema trattato sia le questioni che ad esso si ricollegano sono di grande importanza e meritano molto tempo per la nostra riflessione.
Come può e/o deve il cristianesimo porsi di fronte all'attuale legislazione nazionale e internazionale in merito ai più grandi temi che riguardano l'uomo nella sua complessità?
La legge dello Stato può imporre a tutti scelte che vadano ad intaccare il proprio credo religioso e le scelte che da esso derivano?
Questo tema merita un'ampia riflessione e documentazione. Spero che, per il prossimo futuro, possa avere la possibilità di suggerire altre piste che ci aiutino nella nostra autentica e libera ricerca della "verità che ci fa liberi".

L'Osservatore Romano: Il paradosso dell'attesa, di Luciano Manicardi



"Anticipiamo quasi per intero l’intervento che il priore di Bose terrà alle 21 del 3 maggio inaugurando a Vicenza la quattordicesima edizione del Festival Biblico, che si chiuderà il 27 maggio."



«L’attesa dice il futuro». E l’attesa prepara il futuro anticipandolo. Immaginandolo. L’attesa è una soglia. Soglia tra ora e dopo, tra oggi e domani, perfino, nell’attesa religiosa escatologica, tra tempo ed eternità. Nell’attesa il futuro, prossimo o remoto che sia, prende forma nell’immaginazione e già abita il presente almeno nella nostra mente, nel nostro spirito. Si tratti di attendere una persona cara che dovrebbe arrivare entro pochi minuti, o di attendere la fine di una guerra, o l’avvento del Regno di Dio, sempre l’attesa prepara il futuro intervenendo nel presente, operando mutazioni già nel presente...

Qui il prosieguo dell'intervento

mercoledì 2 maggio 2018

IL CORPO: DONO DI DIO, DONO DI SE’ - di P. Alfonso M. Bruno, dei Frati Francescani dell’Immacolata, missionario in Benin

L’affermazione centrale della fede cristiana è “Il Verbo si è fatto carne” (Gv, 1,14). 
Il Verbo si è fatto corpo e anima. Perché questo se non per amore? Colui che ama vuole avvicinarsi. L’amore non sopporta la distanza. Così Dio non si è accontentato di creare il mondo, né di rivelarsi nella sua Parola: egli ha voluto una presenza totale, corporale. È per questo che Egli è venuto in suo Figlio Gesù , un uomo come noi.
Ora, il Cristo, Verbo incarnato ha assunto un vero corpo umano, l’ha riscattato e glorificato.
Gesù ha mostrato che il corpo dell’uomo è un dono.
Alla sequela di Gesù, tutti i martiri, offrendo la vita per amore, mostrano che la vocazione del corpo umano, vittima della violenza ingiusta degli uomini, non è quella di ripiegarsi, ma di mettersi in croce, per partecipare alla divina alchimia che trasforma ogni colpo ricevuto in un dono di salvezza. Il nostro corpo è il cammino obbligato verso Dio e si può accedere a Lui solo passando per il corpo.
Un Dottore della Chiesa come Santa Teresa d’Avila dice che anche arrivato alla cima della contemplazione, l’uomo non ha altra via che l’umanità di Gesù, non vi sono altre porte d’entrata che la Carne del Figlio dell’Uomo. 
Si può dunque affermare come principio di spiritualità cristiana che più una persona è autenticamente spirituale, più questa è incarnata.
Il corpo di Gesù dona la vita divina alla nostra anima tramite il corpo. Dio che si è fatto carne può venire a incontrare l’uomo e guarirlo, riconciliandosi con la propria carne.
Come fa il corpo di Gesù a raggiungere e a guarire il corpo ferito dell’uomo e a ristabilirlo nella sua dignità sponsale? Attraverso la doppia mediazione della Chiesa e dell’Eucaristia. Non è un caso se esiste una stretta correlazione semantica e reale tra questi quattro corpi: Corpo umano di Cristo, Corpo mistico della Chiesa, Corpo Eucaristico e il corpo stesso dell’uomo.
La Chiesa stessa non ha niente che non abbia ricevuto sempre da Cristo (Lc 10,35). Ora Gesù ha donato “la sua carne per la vita del mondo” (Gv 6,51). Ecco perché il corpo della Chiesa non ha altra vocazione di andare e fare lo stesso (Gv 13,15). 
La bellezza del corpo glorioso non è un lampo freddo di un diamante puro che brilla per se stesso, ma l’irraggiamento di un amore che nasce da Dio e ritorna a Dio attraverso l’amore dei fratelli attualmente amati.
Alla stessa maniera che corpo della Chiesa si costruisce nella carità e che il corpo del cristiano è profondamente unito al corpo di Gesù, attraverso il Corpo Eucaristico, ci è possibile operare la nostra crescita e scoprire la gioia del dono.
Possa l’esempio del Cristo, nato da una donna, aiutarci ad ammirare le meraviglia che costituisce “il più vivente dei corpi viventi” e cogliere meglio il realismo della fede e dell’esperienza cristiane passando dal corpo creato a quello resuscitato. 
P. Alfonso M. Bruno

(Agenzia Fides 8/4/2003 - Righe 34; Parole 490)

martedì 1 maggio 2018

Papa Francesco: 'Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti!'

Ecco il messaggio del Santo Padre in occasione della festa del 1 Maggio.

"Una Bibbia da amare"

UNA BIBBIA DA AMARE
ADOLESCENTI IN LOTTA
ESAÙ E GIACOBBE;
GIUSEPPE E I SUOI FRATELLI

https://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.it/2018/04/una-bibbia-da-amare.html?m=1

Iniziativa promossa dall Ufficio Catechistico e Pastorale universitaria della Diocesi di Roma.

Interventi:
Prof. Giovanni Salonia OFM cap.(psicologo e psicoterapeuta )

Prof.Luigi Santopaolo (biblista)

 Modera l’incontro: Mons. Andrea Lonardo, Direttore Ufficio per la Cultura e la Pastorale Universitaria per la Diocesi di Roma .