03 dicembre 2019
Il 7 dicembre prossimo a Roma, presso la Badia primaziale del Sant’Anselmo, si terrà una giornata di studio, testimonianze e preghiera, organizzata dalla «Rete sulla via del silenzio», sorta al fine di portare all’attenzione del mondo cattolico una realtà da tempo presente, ma ancora sotterranea. Una iniziativa dunque per «rompere il silenzio sul silenzio». Promotore Fabio Colagrande, giornalista di Radio Vaticana, il quale, dopo aver scoperto personalmente il beneficio della preghiera silenziosa, ha sentito l’urgenza di proporre un confronto costruttivo fra persone che da tempo, in varie parti d’Italia, portano avanti cammini di silenzio. Fra questi Marco Guzzi, poeta e filosofo, fondatore a Roma dei gruppi di formazione spirituale «Darsi pace», don Paolo Scquizzato, teologo, scrittore, già direttore della Casa Mater Unitatis di Druento (Torino), Juri Nervo, fondatore dell’eremo del silenzio nell’ex carcere di Torino e la sottoscritta, eremita urbana a Firenze.
Grazie agli incontri tenutisi a partire dal febbraio 2018 in diverse città italiane, è maturata la possibilità di promuovere a Roma, proprio nel cuore della cristianità, un evento aperto al pubblico. Ha sostenuto e incoraggiato l’evento padre Laurence Freeman, benedettino, guida spirituale della World Community of Christian Meditation (Wccm). La giornata non si svolgerà come un tradizionale convegno, ma prevede un programma intenso di interventi, testimonianze e momenti di preghiera silenziosa al fine di far conoscere realtà concrete di silenzio presenti in varie parti del territorio nazionale e favorirne l’interazione.
Battere nuovi sentieri richiede tenuta, fermezza, pertanto confronto e reciproco riconoscimento divengono indispensabili. È essenziale che si creino sinergie affinché ogni esperienza autentica sia incoraggiata dalla consapevolezza di far parte di un corpo spirituale che vive e che pertanto misteriosamente sostiene e sorregge tutti coloro che gli appartengono. Consapevolezza che dilata gli orizzonti aiutando la coscienza ad acquisire nuove prospettive sul cambiamento in atto che attraversa il tempo e che quindi coinvolge anche la Chiesa.
Ormai da tempo si assiste a un certo scollamento fra istituzione e corpo dei battezzati. C’è un esodo costante dalla Chiesa che non si identifica esclusivamente con la mancanza di interesse verso la dimensione religiosa. Al contrario è sotto gli occhi di tutti un fenomeno sempre più in espansione: molti credenti, sentendo il richiamo verso il silenzio e l’interiorità e non trovando significativi riferimenti in ambito ecclesiale, si rivolgono verso pratiche di altre tradizioni. L’imperante cultura materialista certamente tende a spazzare via ogni germe di spiritualità, ma proprio quando grande è l’aridità, quando abissale è il vuoto interiore, si fa sentire nell’anima quel tocco che richiama verso l’essenza, che purifica da ogni esteriorità e superficiale abitudinarietà.
C’è da dire che da decenni l’Oriente sta venendo incontro all’Occidente proprio in quanto l’esperienza del silenzio e della meditazione solo dove ha continuato a essere vissuta può essere trasmessa. Nell’Occidente cristiano da molto tempo ha prevalso l’azione sulla contemplazione e anche nei monasteri sta affiorando un certo disagio. Non è raro avvertire sofferenza da parte di monaci e monache che, pur avendo fatto la scelta di vita contemplativa, di fatto lamentano di non vivere in pienezza la loro vocazione. Come è noto, sta crescendo la vocazione eremitica non solo fra i laici, ma anche fra i religiosi, i quali spesso sono sottoposti a grandi fatiche e incomprensioni per concretizzare il passaggio. Inoltre tanti monasteri e conventi stanno esaurendosi per mancanza di vocazioni.
A fronte di questo scenario un po’ cupo, sta invece crescendo il numero di battezzati che praticano yoga e varie forme di meditazione orientale. Non manca dunque il richiamo verso la spiritualità, bensì sta emergendo un bisogno di spiritualità che non si riconosce nella preghiera recitata, ma spinge verso il profondo, verso la trasformazione interiore. Il passaggio in corso spaventa in quanto scardina vecchi equilibri, ma allo stesso tempo fa germinare assetti nuovi. Tale passaggio può essere fronteggiato solo attraverso cammini di consapevolezza che liberino da pesanti moralismi e oppressioni psichiche. C’è una grande opera spirituale in atto che attraversa la cristianità e interpella la coscienza invitandola a spostarsi dalla legalità alla misericordia, dal dover essere all’essere.
Silenzio e solitudine conducono a quel faccia a faccia con Dio che si consuma nell’attraversamento della notte oscura, che fa crollare tutte le maschere e conduce all’esperienza autentica dello Spirito. L’ascolto intimo richiede silenzio, ma il silenzio fa emergere il rumore che è dentro di noi, fatto di pensieri, voci esteriori, preoccupazioni, paure, agitazione. Non c’è quiete nell’intimo. Il silenzio permette di sentire l’angoscia profonda dell’anima chiusa in prigioni di sovrastrutture mentali, sollecitata da continui stimoli esterni che la portano fuori di sé in una dispersione che la lacera rendendola estranea a se stessa. Il dramma dell’alienazione e dei disagi psichici è in costante crescita perché la vita imposta da questo modello culturale porta sempre più fuori se stessi, sbilanciando e sradicando. Una tale condizione impone il silenzio come unica via capace di riportare verso l’interno, verso il profondo, verso quel centro in cui è impresso il sigillo indelebile dell’atto creativo, del Verbo che genera vita. Questa la sete insaziabile che inaridisce e incattivisce l’umanità. Captivi sono i prigionieri.
La Chiesa quindi, quanto maggiormente è chiamata ad assolvere il suo compito di strumento attraverso cui veicola la salvezza dell’umanità, tanto meno può ergersi a roccaforte posta a salvaguardia di istituzioni umane. Le forme sono chiamate a cambiare: riguardano il tempo storico. La salvezza riguarda invece il tempo escatologico, tempo della trasformazione che chiede apertura, elasticità, continui assestamenti per permettere allo Spirito santo di operare, quell’azione di purificazione dalle potenze egoiche e psichiche che oscurano il tempo. I sacramenti agiscono sulle coscienze, conducono verso la luce di verità, sciolgono le incrostazioni che appesantiscono l’esistenza, ma per essere efficaci richiedono silenzio, ascolto, quel solo a Solo che costituisce l’essenza della vita cristiana e in particolare della scelta monastica, non solo quella vissuta dietro le mura, ma soprattutto quella radicata nell’intimo, nella cella interiore. C’è da chiedersi allora che senso abbia pregare per le vocazioni di istituti che si stanno esaurendo. C’è invece da mettersi in ascolto per sentire come oggi lo Spirito chiama e lo Spirito chiama al silenzio. Si può allora ben riconoscere nel richiamo al silenzio una nuova vocazione. Nuova che però rimane sempre la più antica.
di Antonella Lumini