La Hack spostò il suo sguardo al cielo per studiarne i fenomeni
Quando in una delle sue udienze Papa Francesco ha indugiato sul senso dell’essere atei o cristiani, e su come sia importante perseguire il bene, che prescinde da qualsiasi professione di fede – perché a nulla vale la preghiera se non s’è disposti ad entrare con delicatezza nella vita degli altri, se non s’è capaci di spostare l’attenzione sulle sofferenze umane che spesso per comodo affidiamo a Dio piuttosto che occuparcene – ho pensato a Margherita Hack.
Margherita, il cui nome lascia spazio all’ideale di una donna romantica, magari dedita allo studio delle Lettere (e così fu, sia pure per breve tempo), è stata una scienziata di origini fiorentine che nella seconda metà del Novecento intraprese la via della scienza percorsa fino ad allora da soli (quasi) uomini. La Hack spostò il suo sguardo al cielo per studiarne i fenomeni, per capire cosa si cela dietro questo manto celeste da cui uomini e donne di fede traggono ogni giorno la forza per affrontare le sfide quotidiane credendo che vi sia un Dio che decida le sorti dell’umanità.
Nel libro Il mio infinito. Dio, la vita e l’universo nelle riflessioni di una scienziata atea, Margherita ha spiegato le sue posizioni su scienza e fede. Che la scienza non abbia una morale è discutibile, se non altro per il ceto di religiosi, infatti la Hack sosteneva che «gli scienziati sono esseri umani come tutti gli altri, di certo non inferiori moralmente agli uomini di fede».
Era convinta che per molti cristiani la pedissequa (e ipocrita) osservanza delle regole dettate dalla religione rappresentasse il mezzo per ottenere la grazia e raggiungere il Paradiso, contrariamente a quanto accade nella vita di un ateo, il quale preferisce agire in modo responsabile e secondo coscienza. Margherita diceva che un uomo può avere una morale anche senza una religione, perché ciò che conta è il cuore, la sensibilità che non sempre si ha per natura. Quella sensibilità che appunto può non appartenere a chi dice di credere. Margherita era atea, eppure c’è in lei una sorta di vocazione francescana traducibile nell’idea che gli animali siano creature di questa terra, ovvero nostri fratelli, per questo nessun uomo ha il diritto di disporne a proprio piacimento.
Insisteva dicendo che tutti gli animali, nella varietà di forme in cui si manifestano, possono gioire o soffrire, perciò chiunque dovrebbe trattarli da fratelli minori. Sebbene l’uomo abbia un cervello più potente, affermava la scienziata, questo non significa ch’egli debba abusarne – come accade invece nei circhi o nelle barbare manifestazioni per far divertire adulti e bambini. Tutto questo è ingiusto, eppure l’uomo ha un cervello più potente!
Tutti gli esseri viventi sono fatti della stessa materia, e in questo Universo regolato da chissà quali leggi, che secondo la Hack non sono comunque leggi divine, tutti hanno pari dignità, il che vuol dire che qualsiasi essere vivente deve avere rispetto per i suoi simili. Oggi la mancanza di riguardo per la natura e le sue creature ha causato fenomeni devastanti come l’inquinamento, o l’estinzione di alcune specie di animali. Si pensi alle lucciole, che ai tempi in cui visse la scienziata riuscivano persino a tracciare linee luminose nell’aria, oppure alle rondini, volate chissà dove, o ancora alle farfalle … Che desolazione.
Margherita ha rivolto per tutta la sua vita le sue preghiere laiche al Cielo, alle stelle, ai pianeti; ha saputo amare in modo cristiano la Terra rispettandone i suoi abitanti. Ci ha lasciato in eredità un pensiero di cui dovrebbero far tesoro tutti. Soprattutto i credenti.