venerdì 19 luglio 2019

Settimana news: Il Colosso, la suora, il dono

“Sister”: questo è il modo in cui i miei colleghi mi hanno conosciuta e accolta tra loro. Sono in Inghilterra da un anno e mezzo ed ho lavorato per un anno nell’immenso magazzino di Amazon, quell’internet company che entra nelle nostre case con un “clic” e velocizza l’acquisto di quasi ogni tipo di prodotto. È qualcosa di Amazing, che significa “Fantastico! Stupefacente!”, ma si scontra con l’immagine della Foresta Amazzonica, famosa per essere enorme ma anche piena di insidie… perché usare queste due immagini? Perché è difficile vedere chiaro il disegno di Dio nel garbuglio del mondo del lavoro consumante e consumistico di questi tempi… si corre il rischio di rimanere intrappolati in visioni riduttive e poco speranzose.

C’è una scritta che troneggia nel grande magazzino di Amazon in UK: “Work Hard, Have Fun, Make History!” – cioè “Lavora duro, divertiti, fai la storia!”. Questo è il manifesto del ricco stolto, ricordate? «…ed egli ragionava fra sé dicendo: “Che farò, perché non ho posto dove riporre i miei raccolti?”. E disse: “Questo farò, demolirò i miei granai e ne costruirò di più grandi, dove riporrò tutti i miei raccolti e i miei beni, poi dirò all’anima mia: Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi e godi!» (Lc 12,19).

Sono stata per un anno in uno dei più grossi “granai” del mondo. Amazon. Il suo nome deriva dal Rio delle Amazzoni, che, non a caso, è il fiume più lungo del mondo. Quanto orgoglio in 6 lettere! È la presunzione di poter raggiungere ogni traguardo puntando solo sulle proprie forze. E di forze, in questa azienda, ne vengono spese parecchie.. soprattutto quelle degli stranieri che accettano di lavorare anche 11 ore pur di guadagnare qualche sterlina in più. Ma andiamo più in là di questa immagine. Il Salmo 14 dice: «Lo stolto ha detto nel suo cuore: “Non c’è Dio”». È la tentazione più grande che abbiamo e la più facile da credere perché non ci fa rischiare e ci fa rimanere nelle nostre comode, fatue sicurezze… fino a raggiungere la perdita della Speranza, la più bella caratteristica delle persone povere in Spirito.

Cerco di spiegarmi meglio: alle volte siamo di-stolti dal fatto che i nostri beni materiali, i nostri legami affettivi, i nostri ruoli, i nostri animali domestici addomesticati.. sono ciò che ci assicurano un futuro. Quante distrazioni frenano la corsa al Cielo! Purtroppo o per Grazia, mi è ancora successo di cadere in questa triste palude di autocommiserazione in cui compro, vendo, prendo, pretendo ciò che IO voglio. E quanti IO VOGLIO sono racchiusi negli articoli che ogni giorno mi capitava di prendere tra le mani!

Le suore operaie
Noi suore operaie abbiamo una peculiarità: siamo missionarie nel mondo del lavoro, siamo in una traiettoria che ci porta al Cielo, siamo in una via che Dio traccia per noi e con noi lungo la nostra storia! Che spettacolo creativo e anticonformista!! Dio Onnipotente vuole essere coinvolto in ogni singolo aspetto della nostra piccola vita! Sì, Dio è un grande solo per i piccoli! Questo è ciò che sto scoprendo in questa terra straniera: sapere e accogliere con gratitudine il fatto di non essere Dio! Gustare la Sua magnificenza e misericordia nelle mie paure e nei miei orgogli gonfiati… un po’ come il cammello che per passare la cruna deve essere spogliato delle sue ricchezze..

In Amazon ci sono vari tipi di lavoro: c’è chi riceve le merci, chi le sistema negli scaffali, chi controlla la qualità, chi ti controlla, chi sta negli uffici, chi pulisce gli ambienti e, infine, ciò che facevo insieme ad altri 300 giovani: il picker, cioè un tizio che corre su e giù per una torre a tre piani con un carrello blu e giallo per prendere gli articoli nel più breve tempo possibile e metterli in linea.

È un lavoro terribilmente faticoso e selettivo. Ognuno di noi era dotato di uno scanner in cui era segnalato il suo target (cioè quanti articoli si recuperano nel giro di un’ora) e la sua posizione nel magazzino. Se stavi sopra i 100 articoli presi, tutto bene, se, invece, eri sotto i 100, un gentile impiegato dell’agenzia veniva a richiamarti per migliorare la tua prestazione. Se ritardavi a ritornare al lavoro dopo la pausa, ritornava il gentile impiegato dell’agenzia. La povertà che toccavo ogni giorno era non poter scegliere quando riposare, dove lavorare e con chi, infatti poteva succedere che mentre ero in una sezione, mi inviassero un sms per chiederti di cambiare piano o settore… magari per un solo articolo da prendere…

Non potevo scegliere quando, dove e con chi lavorare (come nella maggior parte dei lavori) ma ho potuto scegliere il come. Questa è la perla che anche il Tadini e le nostre sorelle ci hanno lasciato in eredità. Nella fatica c’è sempre la possibilità di una condivisione più profonda e vera, una via che ti porta ad un incontro reale e vivo con Gesù Cristo. Quindi, come non amare il lavoro nel suo essere mezzo di comunicazione con Dio?

È quello che sperimentavo con i miei colleghi ogni giorno. Un sorriso, uno sguardo che poteva far sentire compreso l’altro, una preghiera detta a mezza voce per chi lavorava lì. Non c’era tempo per le chiacchiere e questo mi ha fatto raggiungere l’essenziale e l’interiorità che da anni cerco dentro di me. Sapete, nonostante tutto, questo lavoro è stato benedizione per la mia povera fede.

Il lavoro e il dono
C’è di più: non avrei mai pensato di poter essere missionaria in un paese straniero. Ho sempre pensato di non esserne degna e di non averne le capacità. Ma più rimango dove sono e più mi accorgo che Dio mi sta regalando l’occasione di crescere e amare sempre e sempre di più. E questa è ricchezza da figlia di Dio. Conosco persone a me care che hanno avuto il coraggio di partire, lasciare tutto e condividere la vita con i poveri pur potendo vivere nell’agio della nostra società europea. Queste persone sono serenamente consapevoli di essere molto simili a loro, molto legate a loro.

C’è un piccolo segno che dice questa scelta preferenziale dei poveri: l’anello di tucum. È piccolo e nero e, tutte le volte che lo vedo indosso a qualcuno, mi ricorda che solo accogliendo la mia povertà incontro veramente gli altri, primo fra tutti Dio. Penso sia un bellissimo pro memoria per la nostra missione nel mondo del lavoro, una novità da portare e ricevere tra i nostri colleghi e le persone che ci stanno vicino. San Paolo ricordava alla comunità di Corinto e oggi a noi questo privilegio:

«Siamo afflitti ma sempre lieti: poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possiede tutto» (2Cor, 6-10). Quando sono un poco cosciente di questa immensa ricchezza la mia vita canta: «Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio!». Così, la mia povertà nel lavoro diventa un passaggio dal lamento alla gratitudine, dall’ansia di avere alla libertà di donare!

Testimonianza ripresa dal sito delle Suore operaie della Santa Casa di Nazareth. Ringraziamo suor PierAnna Dotti per la segnalazione e per la concessione di pubblicare l’articolo su SettimanaNews.

Sister Mari