sabato 1 dicembre 2018

Sermig: Gocce di eternità

Di Cesare Falletti "Cuore Puro"- 
Il Cardinale J. H. Newman un giorno ha detto: «Il tempo… sono gocce di eternità». Una parola che può essere molto poetica e forse anche facile da capire. Se ci fermiamo per riflettere al suo messaggio scopriamo che essa vuole condurci ad una riflessione molto vasta e profonda, che ci dà il senso della nostra vita. 

Una goccia è qualcosa di completo, unico e irripetibile, come lo è anche un fiocco di neve. Noi del tempo non possiamo cogliere altro che una goccia alla volta senza poter neanche raccoglierla in un vaso per farcene una riserva; il tempo non lo si accumula; ogni secondo è unico. Lo si riceve e lo si deve lasciare fuggire, non ne siamo proprietari e questo ci dice la nostra più radicale povertà esistenziale. Eppure come ogni goccia lascia una traccia, anche il tempo non passa senza segnarci, perché se dopo una goccia apparentemente scomparsa rimane un punto bagnato, forse molto piccolo, ma non più come prima, così anche gli attimi che si susseguono velocemente nella nostra vita non ci lasciano immobili o immutati. Gocce di eternità, di cui ognuna è già portatrice di un tutto e nello stesso tempo è come se fosse nulla. Il tempo scorre, lento o veloce, e la nostra vita si impregna di eternità, perché nessun gesto, nessuna parola, nessuno sguardo tocca la terra senza lasciare la sua traccia. Goccia dopo goccia il tempo diventa eternità. L’eternità, per questo, colora il nostro tempo, il momento presente. Queste sono le due dimensioni della vita umana: il presente e l’eternità. Il presente è ciò che siamo e ciò che fugge, non ha consistenza perché non possiamo neanche nominarlo che già non è più; eppure è necessario essere presenti al presente e non proiettati nel passato o nel futuro. L’eternità invece è immobile. Non è il nostro futuro, perché siamo già eterni, non perché non abbiamo principio, quella è l’eternità di Dio, ma perché la nostra esistenza semplicemente è ciò che muta, che passa, che sfugge, è solo ciò che appare, il modo con cui ci presentiamo e ci relazioniamo, ma non è tutto “noi”. Per questo la fedeltà, in particolare quella dell’amicizia, dà una consistenza a ciò che siamo molto particolare. È un riflesso dell’eternità di Dio, una risposta al suo amore, che è fedele e che non dipende dal tempo che passa e dai vari moti che seguono questo passare. 

Gocce di pioggia, che si susseguono rapide e fitte e non lasciano alcun traccia del loro percorso, ma impregnano il terreno in cui cadono. Così gli attimi della nostra vita si iscrivono nell’eternità, nel nostro esistere sempre, voluti una volta per tutte e senza pentimento dal Creatore, e costruiscono il nostro “essere spirituale” che non avrà fine, che non avrà questo tempo, ma un tempo a noi sconosciuto, che non è ancora dato alla nostra esperienza. Un salmo, dal tono sapienziale, apparentemente amaro, ma che vuole condurre a una riflessione che dà senso alla vita, dice di persone importanti e anche un po’ orgogliose: «Il sepolcro sarà loro casa per sempre… eppure hanno dato il loro nome alla terra» (Sal 48,11). Molti uomini hanno dato il loro nome alla terra, a delle strade, a capitoli dei libri di storia; hanno lasciato tracce come monumenti, o opere grandiose, ma della loro persone non c’è una vera traccia e ciò che vivono nell’eterno per noi è assolutamente sconosciuto. Sono come tutti gli anonimi che hanno riempito le strade di questo mondo e che non si sa neppure della loro esistenza. Nessuno passa inutilmente sulla terra, ognuno ha lasciato un gesto, un sorriso, una parola, un sacrificio, un dono di gioia; noi non ne riconosciamo il passaggio, ma nulla è andato perduto e tutto ha fatto sì che il terreno in cui la loro goccia è caduta diventasse fertile e portasse frutto. E il Signore raccoglie.