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sabato 28 settembre 2019

Avvenire: Roma. Suicidio assistito, Russo (Cei): non è libertà, ma cultura della morte

Il segretario generale della Cei: la società perde il lume della ragione. «Anomalo un pronunciamento così forte senza un passaggio parlamentare»

La Chiesa italiana ribadisce lo “sconcerto” per la sentenza della Corte Costituzionale che apre al suicidio assistito. Assicura che sarà “vigilante” su come legifererà il Parlamento, con la speranza che contenga “paletti forti” e tuteli la garanzia del diritto di obiezione di coscienza per il personale sanitario. Lo fa attraverso le parole del segretario generale – il vescovo Stefano Russo - durante la conferenza stampa a chiusura della sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente.

“Non comprendiamo come si possa parlare di libertà”, ha rimarcato monsignor Russo. “Qui si creano i presupposti per una cultura della morte, in cui la società perde il lume della ragione”, ha proseguito il vescovo, secondo il quale “stiamo assistendo a una deriva della società, dove il più debole viene indotto in uno stato di depressione e finisce per sentirsi inutile”. “Speriamo che ci siano dei paletti forti”, è l’auspicio in attesa di vedere il dispositivo della sentenza.

Per Russo poi “è anomalo che un pronunciamento così forte e condizionante sul suicidio assistito arrivi prima che ci sia un passaggio parlamentare”. “In Europa – sottolinea - è la prima volta che accade”. Il segretario generale della Cei ha quindi garantito l’impegno dei vescovi italiani ad essere “attenti e vigilanti a tutela della vita delle persone, soprattutto di chi si trova in situazioni di disagio, di difficoltà, di malattia”.

Rispondendo a una domanda monsignor Russo ha affermato che “è difficile parlare di una frattura” tra Stato e Chiesa in questo frangente sul tema fine vita. “Siamo sempre stati attenti al dialogo”, ha proseguito il presule: “Avvertiamo la necessità di farci prossimi alla vita della gente”. “Non ci può stare bene”, ha precisato tornando sul merito della sentenza.

Interpellato su eventuali prossime mobilitazioni o iniziative della Chiesa italiana, il vescovo si è così espresso: “Vedremo, lo faremo in stile di confronto e di rispetto per le persone, e in uno spirito di dialogo costruttivo”. “Agiremo – ha precisato - per una prossimità a chi si trova in uno stato di indigenza legato alla salute, a coloro che si trovano in un percorso particolare della loro vita che li vede in situazioni difficili”.

Riguardo alla questione dell’obiezione di coscienza monsignor Russo ha ribadito che “il medico esiste per curare le vite, non per interromperle”. “Chiediamo che ci possa essere questa possibilità”, precisando che “quando parliamo di libertà, ciò non può non avvenire” in questi casi. “I medici sono per la vita, e non per intervenire sull’interruzione anticipata della vita delle persone”, ha ripetuto il presule ricordando che “il Codice deontologico dei medici non prevede questa possibilità”.

La conferenza stampa ha visto per la prima volta la conduzione del nuovo direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali della Cei, nominato oggi: il laico – è la prima volta – Vincenzo Corrado, finora vice di don Ivan Maffeis, che comunque oltre a ad essere sottosegretario mantiene anche l’incarico di “portavoce” dell’episcopato italiano.

Colloquiando con i giornalisti monsignor Russo ha inoltre affrontato il tema della ricostruzione nelle zone colpite dal terremoto in Centro Italia tre anni fa. “C’è un’ordinanza – ha ricordato - che riguarda oltre 600 chiese: speriamo che si sblocchi quanto prima”. “Speriamo che si possa arrivare in minima parte al recupero dei beni ecclesiastici”, ha poi auspicato, precisando che dopo il sisma “oltre duemila chiese sono inagibili e riguardano un territorio vastissimo”. “Speriamo – ha concluso - che si accelerino anche le procedure legali per le abitazioni civili delle persone”.