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giovedì 11 aprile 2019

L'Osservatore Romano: Amici invisibili e discreti

 Gli angeli nella tradizione francescana 



Messaggeri, custodi, misteriosi alleati invisibili che ci accompagnano durante la vita terrena, personificazioni dell’amore divino con un compito che coincide con il nome e il volto di ciascuno di noi, gli angeli appartengono a quelle categorie di realtà spirituali talmente note da essere date per scontate, finendo relegate, troppo spesso, in un devozionismo sentimentale stucchevole, o in preghiere di cui si è smarrito il senso, ripetute in automatico dai tempi dell’infanzia.

Ma i nostri “fratelli custodi” non appartengono solo alla narrazione popolare e fiabesca, né alla galassia New Age, ribadisce Guglielmo Spirito, frate minore conventuale, nel libro L’essenziale è invisibile a occhi. Gli angeli nella tradizione francescana (Assisi, Porziuncola, 2019, pagine 184, euro 16), arricchito dalla prefazione di Timothy Radcliffe (di cui pubblichiamo un breve stralcio). Sono piuttosto il segno della presenza di Dio, strumenti di luce e di consolazione per ogni uomo.

La Scrittura parla spesso degli angeli, ci fornisce informazioni su di loro, pur senza intaccare il loro mistero, secondo la visione del patriarca Giacobbe che li contemplava, ma solo in sogno, mentre salivano e scendevano di continuo la scala che unisce il cielo e la terra (Genesi 28, 12). «La vita — continua l’autore — è un fruscìo di voci e loro, esseri personali che contemplano il volto della Trinità, lo comunicano alle creature». Da qui è nata l’idea di esplorare se e come i francescani si fossero rapportati ai messaggeri divini, e in particolare agli angeli custodi, una sorta di “reportage” che va dal tredicesimo secolo ai giorni nostri.

Finché siamo nell’“aldiquà” avvertiamo la loro presenza per speculum et in aenigmate (tranne nel caso di alcuni santi, come padre Pio da Pietrelcina, soliti dialogare — e talvolta discutere animatamente — con il loro angelo custode) ma anche in letteratura, non solo nelle biografie dei beati, seguire le loro tracce è un percorso affascinante. Particolarmente commovente è una lunga citazione dalle Lettere di Berlicche, di C.S. Lewis, che l’autore riporta nel preambolo intitolato A scanso di equivoci. Quando saremo «dall’altra parte», allora la nostra capacità di vedere sarà diversa, più acuta. Nel celeberrimo libro dello scrittore inglese, Berlicche scrive al demonio subalterno Malacoda a riguardo del suo “protetto” che è appena morto, sfuggendogli per sempre: «Si muore, si continua a morire, e poi eccoti al di là della morte. Come ho mai potuto dubitare di ciò? Come vide te, vide anche Loro. So come avvenne. Ti ritraesti vacillante, stordito e accecato, colpito da loro più che lui non fosse mai stato colpito dalle bombe. La degradazione di tutto ciò! — che questa cosa qui, di terra e di fango, potesse levarsi ritto in piedi e conversare con gli spiriti al cospetto dei quali tu, spirito, non potevi che accasciarti pauroso. Forse avevi sperato che lo spavento e la singolarità della cosa avrebbe mandato in pezzi la sua gioia. Ma qui sta la maledizione; gli dèi sono cose insolite agli occhi mortali, eppure non lo sono. Egli non aveva la più debole idea fino ad allora del loro aspetto, e perfino dubitava della loro esistenza. Ma al primo vederli conobbe che li aveva sempre conosciuti e comprese la parte che ciascuno di loro aveva avuto per molte ore nella sua vita, mentre egli si era creduto solo, tanto che ora poteva rivolgersi a loro, a ciascuno di loro, e chiedere, non: “Chi sei tu?”, ma: “Eri tu, adunque, per tutto il tempo?”. Tutto ciò che essi erano e ciò che dicevano in questo incontro risvegliava delle memorie. La confusa coscienza di amici che gli stavano intorno, che aveva ossessionato le sue solitudini fin dall’infanzia, trovava finalmente la spiegazione, quella musica che si percepiva al centro di ogni esperienza pura, e che sempre, all’ultimo momento, era sfuggita dalla memoria, si ritrovava ora finalmente. Il riconoscimento lo fece disinvolto in loro compagnia quasi prima che le membra del suo corpo s’acquetassero. Solo tu fosti lasciato da parte. Egli è ora sollevato in quel mondo dove il dolore e il piacere prendono valori oltre quelli finiti, e dove tutta la nostra aritmetica viene sgomentata».

Tra le testimonianze più vicine, cronologicamente, e più sorprendenti raccolte nel libro c’è quella di madre Angelica (1923-2016). Nordamericana, Rita Antoniette Rizzo (Angelica da quando ha preso i voti) è stata la fondatrice del convento francescano dell’Adorazione perpetua a Gesù eucarestia. Ha fondato il centro televisivo cattolico via cavo Eternal World Television Network, una radio privata a onda corta e una casa editrice cattolica. Lei stessa racconta come, tramite il suo angelo custode, Dio le salvò la vita.

«Mai dimenticherò un incidente che ebbe luogo quando avevo dieci-undici anni. Vivevo ancora a Canton, nell’Ohio, e con il sole già tramontato andai nella piazza principale per svolgere alcune commissioni per mia madre. Mentre attraversavo tranquillamente la strada sentii d'improvviso alcune persone strillare, e girando la testa vidi due fari che mi si avvicinavano. Restai per un attimo accecata, e allora sentii due mani che mi afferravano, aiutandomi a saltare sul cancello di un parcheggio. Quella macchina aveva passato un semaforo col rosso e proseguiva a tutta velocità. A poco a poco cominciai a capire ciò che era successo. Si avvicinò un sacco di gente, domandandomi come avevo fatto a saltare sulla cancellata. Non ne avevo la più pallida idea. Quando arrivai a casa, mia madre era pallida e tremante. Aveva sentito che ero in pericolo e si era messa in ginocchio a pregare Dio che mi salvasse la vita. Era chiaro che fosse precisamente ciò che Dio aveva ordinato al mio angelo di fare. Mai dimenticherò la strana sensazione di essere elevata, letteralmente sollevata da due mani che mi aiutarono ad afferrare la cancellata... Da allora ho conservato un rapporto molto intimo con il mio angelo. Lo chiamo Fidelis, che in latino vuol dire Fedele, e posso dire che lo è sempre stato».

di Silvia Guidi