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domenica 6 maggio 2018

Riflessioni ad alta voce: amore che si fa servizio


Gc 1, 21 Perciò, deposta ogni impurità e ogni resto di malizia, accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime. 22 Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi. 23 Perché se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio: 24 appena s'è osservato, se ne va, e subito dimentica com'era. 25 Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, 
non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla.

    Carissimi amici, prendo spunto da questo testo di Giacomo per introdurre una mia riflessione "ad alta voce" su alcuni temi che ci vengono proposti dal Vg.
       Anzitutto dovremmo fare tesoro di quanto la liturgia in questi ultimi giorni ci ha suggerito più e più volte: restare innestati a Cristo (vite vera) e da Lui succhiare la linfa vitale che ci farà portare frutto. Se resteremo in questa condizione di unione, ma non di dipendenza passiva, avremo la capacità di portare frutti buoni (significativi) per gli uomini e le donne di questo tempo.
    Gesù quest'oggi ci chiede di amare gli altri come Lui ci ha amati! E' l'unico comandamento che Egli ha lasciato ai suoi discepoli. Unico, irripetibile, che va "tradotto" nelle molteplici azioni che ci devono accompagnare nel vivere quotidiano. Direbbe l'apostolo Paolo, a tal proposito: “Tutta la Legge nella sua pienezza è riassunta nell’unica parola: ‘Amerai!’” (cf. Gal 5,14). 
      In questo consiste lo "scandalo" cristiano! Questo è il sunto di tutta la Scrittura. Dall'amore, così come Gesù lo intende, “dipendono tutta la Legge e i Profeti” (cf. Mt 22,40).  
    Ma in che cosa consiste questo amore di cui Gesù parla? Ce lo spiega Lui stesso, sempre nel Vangelo di Giovanni, nel segno della lavanda dei piedi (Gv 13, 1-15). Un amore che, sgorgato dal cuore di Cristo, deve essere trasformarlo in energia caritativa così come Lui ci ha insegnato. 
     Enzo Bianchi a tal proposito scrive nel suo commento al Vg di oggi: "Solo mettendoci a servizio degli altri, solo facendo il bene agli altri, solo spendendo la vita per gli altri, noi possiamo sapere di dimorare, di restare nell’amore di Gesù, come egli sa di restare nell’amore del Padre. Senza questo amore fattivo non c’è possibilità di una relazione con Gesù e neppure con il Padre, ma c’è solo l’illusione religiosa di una relazione immaginaria e falsa con un idolo da noi forgiato e quindi amato e venerato".
      Qui il punto dolente: la Chiesa, i cristiani, che non vivono in pienezza il "comandamento" dell'amore hanno falsato l'insegnamento del Vg e la trasmissione della volontà di Gesù. Egli ci chiama ad un "servizio" continuo. La nostra vita deve diventare "servizio", non per falsa umiltà (quindi solo in rare occasioni e possibilmente ben pubblicizzate perché appaiano) ma come risposta a quella chiamata originaria che ci invita ad un amore disinteressato e totale verso il prossimo. 
      Enzo Bianchi a tal proposito continua dicendo: "Ecco, noi cristiani, comunità del Signore nel mondo e tra gli uomini, dobbiamo avere la consapevolezza di essere originati dalla carità, dall’amore di Dio. Ecclesia ex caritate: la chiesa nasce dalla carità di Dio e solo se dimora in tale carità può anche essere chiesa che opera la carità, sapendo che l’amore non può mai essere disgiunto dall’obbedienza al Signore. Infatti è il “comandamento”che sa indirizzare plasmare il nostro amore in conformità all’amore di Cristo, che ci spinge addirittura ad amare il non amabile, a operare la carità verso il nemico o verso chi ha commesso il male nei nostri confronti".
     Amare il non amabile! Questo è un tema che deve porre ciascuno in una crisi profonda. Crisi intesa come momento di verifica personale e comunitaria. Per essere "amici di Gesù", secondo quanto afferma il Vangelo di oggi, dobbiamo obbedire a questo precetto: AMARE!
Non ci sono giustificazioni, non ci sono alibi. Amare significa anche fare verità così come ci ha chiesto Giacomo nel brano proposto. Ascoltare la Parola e metterla in pratica.
     Mi chiedo e vi chiedo:
  • Come intendo il "comandamento" dell'Amore? Amo me stesso, i miei cari e chi mi vuol bene? Se sì devo rivedere il mio modo di vivere la mia fede.
  • Un errore comune che impedisce il cambiamento: se non sono innestato a Cristo, quotidianamente, intimamente le cose non cambieranno. Dobbiamo necessariamente cambiare il nostro rapporto con Dio. Vale la pena pensarci e da questa riflessione troveremo anche il tempo necessario.
  • La stessa chiesa (gerarchia e popolo santo) deve fare un passaggio qualitativo. Da una fede fatta di "auto-celebrazione", di "auto-compiacimento", di "auto-commiserazione", bisogna passare ad una fede viva intesa come fede di "adorazione" e di "testimonianza".
  • Basta con la ricerca spasmodica di una fede "emozionale". Questa è una droga che porta alla dipendenza e al ripiegamento su se stessi.
  • La fede, rapporto di amicizia con il Risorto, è adorazione di una Verità che ci spinge a fare verità fuori e dentro di noi. Una verità che vuol gridare al mondo come "si va in cielo, non come va il cielo". (Galileo, Lettera a Cristina di Lorena)
  • La Chiesa si deve occupare di Dio: adorarlo, viverlo, annunciarlo. Questa è la missione: "non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto". Per portare frutto la comunità cristiana deve andare, la comunità dei seguaci di Gesù non deve attendere che le persone vengano, ma deve andare. Verso dove? Verso gli emarginati, verso gli invisibili, verso le persone disprezzate, "e il vostro frutto rimanga."
  • Facciamo il bene, facciamolo bene, facciamolo per il solo bene.
    Anche in internet si può testimoniare: fate girare le verità di Cristo, aiuteremo il mondo.
Buona domenica
P. P.