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lunedì 28 gennaio 2019

Enzo Bianchi Con la Chiesa nell’ascolto dell’umanità


Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, offre ai lettori del Don Orione Oggi una riflessione sulla natura divina della Chiesa. Partendo da Don Orione, Bianchi invita tutta la Chiesa a vivere il Vangelo in una vita che sia a favore dei poveri.
di Matteo Guerrini

“Non è, credetelo, lo spettacolo delle nostre miserie e dei nostri difetti che crea l’odio di tanti contro di noi e contro la Chiesa. Chi è mai che giudichi l’oceano da quella schiuma che esso rigetta sulla spiaggia? O dalle tempeste che agitano talora le onde? L’oceano non sta nei rifiuti impuri delle sue riviere, ma nella profondità, nell’immensità delle sue acque, nella via che apre ai commerci più lontani, nella solennità del suo riposo, nella grandiosità delle sue emozioni, nell’abisso del suo divino silenzio...Non sono i nostri peccati che provocano l’odio del mondo, sono le nostre virtù, sono i nostri santi! Non è l’elemento umano della Chiesa, ma l’elemento divino!”. Questa frase è presa da uno degli scritti di San Luigi Orione. Cosa pensa in proposito, è d’accordo con questo punto di vista del nostro Fondatore?

Sono convinto che Don Orione, da chiaroveggente e Santo qual era, vedeva molto bene. anche oggi la Chiesa è più che mai in tempesta, contro di lei si scatena il mondo, soprattutto i mass media. Le vengono imputati delitti come se fosse l’unica colpevole di ogni cosa, quando invece le sue responsabilità sono minime rispetto ad altre componenti della società. Certamente è un momento difficile per la Chiesa, ma la realtà è che questa è fatta di tanti Santi quotidiani, come li chiama Papa Francesco, Santi della porta accanto che vivono il Vangelo e la carità con molta semplicità e che brilleranno certamente nell’ultimo giorno. Oggi sono una realtà nascosta, però noi non dobbiamo temere, perché il Signore ci aveva detto che a causa sua saremmo stati oggetto di odio. Quel che succede ora, ha ragione Don Orione, è che il Vangelo brilla e quindi questo scatena i poteri avversi al bene, a Cristo, alla Chiesa. Noi, però, dobbiamo rispondere a queste accuse non con una difesa che sia contro di loro, ma semplicemente facendo vedere quello che è il nostro quotidiano nella sequela del Signore.

È possibile per la Chiesa rinnovarsi e stare al passo con i tempi senza perdere le sue caratteristiche originarie e fondamentali? 
E dal Suo punto di vista sta riuscendo in questo?
La Chiesa in tutto il suo itinerario storico ha sempre avuto la necessità di aggiornarsi ai tempi, usando le parole di Papa Giovanni. Può anche accadere, però, che sia tentata di mondanizzarsi in questo aggiornamento. Ci vuole molto spirito profetico, saper leggere i segni dei tempi ma non adattarsi assolutamente alla mondanità e a quello che il mondo vorrebbe da noi, perché il mondo vorrebbe che spegnessimo il fuoco del Vangelo, e questo assolutamente non va fatto. Certamente con Papa Francesco la Chiesa è impegnata nell’ascolto dell’umanità, nel cercare di far vedere il Cristianesimo in una forma che l’uomo di oggi possa ascoltare, ma il cammino è molto accidentato. abbiamo lasciato una riva, siamo in mare
aperto e non sappiamo quando approderemo a un’altra riva. Il cambiamento culturale e antropologico di tutto il mondo, soprattutto dell’Occidente, certamente coinvolge il Cristianesimo e non è facile per tutte le chiese cristiane di diversa confessione rispondere da un lato ai bisogni di oggi, e restare dall’altro fedeli e fermi sul deposito del Vangelo che ci è stato tramandato.

Nella Comunità da Lei fondata hanno grande importanza il silenzio, la riflessione e la lettura della Parola di Dio. Questa “ricetta” può aiutare la Chiesa tutta a riscoprire la propria origine divina e quindi a ritrovare la propria forza e riscoprire la propria natura evangelica?
Io penso di sì, perché senza la Parola di Dio la Chiesa non c’è. La Chiesa nasce dalla Parola di Dio che la convoca, quindi costantemente deve tornare ad essa, deve darle quel primato, quella centralità, perché la Parola di Dio è davvero la forza e la vita della Chiesa. Ma oggi forse c’è da fare uno sforzo in più, bisogna oltre ad ascoltare la Parola anche riflettere e pensare.
Abbiamo bisogno di un popolo di Dio che personalmente impari a pensare perché senza una fede pensata non può esistere un’identità di fede che sia davvero capace delle sfide del mondo di oggi. Non c’è possibilità di evangelizzazione e non c’è neanche possibilità di una fede salda e certa che duri nel tempo 

Lei ha ricordato in passato che “la fede è faticosa, è una lotta”. Che ruolo deve avere la Chiesa nell’aiutare ogni persona a non smarrirla oppure a ritrovarla?
Noi oggi siamo testimoni di una rottura della trasmissione della fede. La mia generazione soprattutto ha cominciato a non trasmettere la fede alle nuove generazioni e questo si è accentuato soprattutto nelle persone che hanno attualmente 50-60 anni.
Non hanno saputo trasmettere la fede ai figli ma neanche trasmetterla a livello sociale, e questo fa sì che oggi abbiamo davvero la sensazione di una vita precaria delle nostre parrocchie, delle nostre comunità, perché mancano i giovani.
Ma la Chiesa deve assolutamente trasmettere la fede e deve farlo andando sempre ad attingere alla Parola di Dio, che ci chiede oggi di cambiare molti atteggiamenti che avevamo quando eravamo una cristianità e quando la Chiesa era all’interno della società una presenza maggioritaria ed efficace.
Adesso siamo i bordi, il mondo è indifferente, siamo una chiesa di minoranza, ma possiamo essere molto significativi se noi continuiamo a dare primato al Vangelo e se continuiamo soprattutto a vivere il Vangelo in una vita che sia a favore dei poveri, di quelli che sono gli scarti della società, degli ultimi. Questa è la sfida, e credo che qui Don Orione abbia un messaggio ancora molto valido oggi.

Ha citato i giovani, e proprio recentemente si è concluso il Sinodo a loro dedicato al quale lei ha partecipato come uditore. Cosa ne pensa? Che esperienza è stata?
Il Sinodo è stato un grande ascolto dei giovani del mondo, però ora ha bisogno di continuare all’interno delle chiese locali. È per questo che l’ultima parte del documento del Sinodo parla soprattutto di sinodalità, perché sarebbe inutile fare semplicemente una meditazione sul mondo giovanile senza prestare vie sinodali in cui realizzare tutti i cambiamenti necessari affinché i giovani trovino spazio per vivere nella Chiesa la fede cristiana.