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giovedì 22 aprile 2021

Avvenire: Anteprima. Radcliffe: oggi la fede è tornare a immaginare

 Perché il cristianesimo torni a far ardere il cuore va presentato non come un codice morale ma come uno stile di vita; avventura radicale, non «spiritualità gentile». Il nuovo libro del domenicano


«Il cristianesimo in Occidente – dice Timothy Radcliffe – potrà rifiorire solo se riusciremo a coinvolgere l’immaginazione dei nostri contemporanei. Credo che l’ateismo rappresenti non tanto una sfida per la nostra intelligenza, quanto piuttosto per la nostra immaginazione». Ed è tutto un invito ai cristiani del nostro tempo a riaccendere la fiamma della speranza e a ravvivare la fede un po’ spenta e addomesticata (come si è visto in questo tempo di pandemia) quello che emerge dall’ultimo, impressionante saggio del domenicano inglese, noto teologo e biblista che dal 1992 al 2001 è stato maestro dell’ordine, dal titolo Accendere l’immaginazione (Emi, pagine 496, euro 31, in libreria da oggi). Per il cardinale Newman «l’immaginazione, non la ragione, è il grande nemico della fede». Il famoso teologo vissuto nell’800 non voleva certo dire che l’immaginazione dei cristiani deve volare rasoterra, ma guardava al modo con cui i suoi contemporanei immaginavano il mondo: senza trascendenza.


Radcliffe raccoglie la sfida e, in un tempo dominato dalla «globalizzazione della superficialità» e dal «nientealtrocheismo », vale a dire dalla tendenza alla semplificazione, sostiene che l’immaginazione «può essere la porta attraverso cui sfuggiamo ai limiti di ogni modalità riduzionista di vedere la realtà». Viaggiando molto in aereo per tenere conferenze in tutto il globo, almeno negli anni precedenti al coronavirus (l’edizione inglese del volume è del 2019), il domenicano ha avuto modo di leggere moltissimo e guardare numerosissimi film. Ciò che mostra di preferire sono di gran lunga i romanzi e le serie tv: da Philip Roth a Cormac McCarthy sino a Friends o Killing Eve, a dimostrazione di una curiosità intellettuale formidabile. Tutto ciò che gli passa sottomano viene filtrato attraverso gli occhi della fede, alla maniera di San Paolo: «Vagliate tutto e trattenete il valore». Nelle prime pagine c’è già una citazione luminosa di Emma Donoghue e del suo romanzo Room. Stanza, letto, armadio, specchio, in Italia tradotto da Mondadori nel 2016: una madre viene sequestrata e rinchiusa in un capanno dove partorisce e cresce il figlio Jack. L’unico contatto col mondo esterno sono un lucernario e un televisore. Un po’ come accade nel mito della caverna di Platone o nel film Truman Show. Ma finalmente un bel giorno Jack riesce a fuggire e scopre la bellezza e l’immensità dell’universo.


«È un’immagine che mi ha colpito – commenta Radcliffe quale meravigliosa metafora della liberazione della nostra immaginazione dalle restrizioni della mentalità univoca. Dal bianco e nero si passa al colore». Ciò che mette a rischio l’immaginazione religiosa infatti non è tanto l’ateismo, quanto un modo piatto di vedere il mondo. È lo stesso concetto espresso magistralmente da Flannery O’Connor a proposito di quella che Radcliffe chiama «l’immaginazione dogmatica». Per la scrittrice americana «un dogma è una via d’accesso alla contemplazione e uno strumento di libertà, non di costrizione; salvaguarda il mistero a tutto vantaggio della mente umana». Il volume del teologo infatti è sorprendente anche perché rafforza l’idea del cristianesimo come controcultura rispetto alla mentalità comune, sopraffatta dal «paradigma tecnocratico», come l’ha chiamato papa Francesco. La ricerca della verità non blocca affatto l’avventura della mente umana e il fatto di sostenere una visione del mondo, come fanno le religioni, non impedisce certo il libero dibattito e lo sviluppo del pensiero.


Qui Radcliffe critica Steve Jobs che nel noto discorso a Stanford invitò i giovani neolaureati che lo ascoltavano a «non lasciarsi intrappolare dai dogmi». E ricorda una frase emblematica di Chesterton: «Vi sono solo due tipi di persone: quelle che accettano i dogmi e lo sanno, e quelle che accettano i dogmi e non lo sanno». Come dire che non solo chi crede ha certezze e convinzioni radicate. Nell’impresa di attirare l’immaginazione dei contemporanei, il cristianesimo, come accennato, può trovare alleata la letteratura e soprattutto la poesia.


Da Graham Greene a Seamus Heaney, da Czeslaw Milosz a Marylinne Robinson, il volume è una continua carrellata di richiami e suggestioni, per far capire che «la vita non si riduce a elettricità cerebrale e pulsazione sanguigna; è dinamica e orientata a un fine». Ma anche la scienza si rivela un’amica della fede. Anche se non nega che le posizioni di alcuni scienziati come Hawking dicono il contrario, Radcliffe conclude che «non è la scienza a compromettere la visione religiosa delle cose». Giungendo poi a chiedersi, sulla scia di Teilhard de Chardin e degli studi più recenti della teologa cattolica americana Elizabeth Johnson, se la scienza non potrebbe aiutare l’immaginazione cristiana ad aprirsi nuovamente a una prospettiva di lunga durata.


E dinanzi alla «generazione fiocco di neve », quella dei giovani che chiedono di essere protetti da ogni pericolo e difficoltà, va ribadito che il cristianesimo è un’avventura rischiosa. Non è un caso che i libri più amati del XX secolo siano racconti di avventure di ispirazione cristiana, Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, secondo lo stesso Tolkien intrisi di cattolicesimo. Ma anche nei racconti di Narnia di C.S. Lewis e nelle storie di Harry Potter l’ispirazione religiosa è evidente. Ciò significa, secondo Radcliffe, che «se quell’avventura che è il cristianesimo potesse essere raccontata come merita, intercetterebbe la sete di trascendenza ». Come accade anche nel romanzo La strada di McCarthy, che evoca «splendidamente l’immagine della vita come un’avventura dalla quale l’ombra di Dio non è mai assente».


Ma perché il cristianesimo torni a far ardere il cuore delle persone, come accadde ai missionari che in età moderna evangelizzarono Africa, Asia e America Latina, occorre che sia presentato non come un codice morale ma come uno stile di vita. Troppo spesso anche negli ultimi decenni è prevalsa la tendenza a descrivere il cristianesimo come qualcosa di piacevole e sicuro, come una «allettante spiritualità gentile». Dimenticando la radicalità del Vangelo e, appunto, il rischio dell’avventura. Si tratta anche, infine, di sgombrare il campo dai pregiudizi su ciò che i cristiani credono. Questa è la vera urgente sfida di una nuova immaginazione cristiana. La sapranno cogliere non solo scrittori e teologi, ma anche i singoli fedeli?

mercoledì 7 aprile 2021

Pablo d’Ors "Resurrezione. La fede ci spinge a correre"

VP PLus è il quindicinale online della rivista Vita e Pensiero.



1. Scrive l’evangelista Giovanni: "Entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette". Ma cos’è che vide per credere? A cosa dovremmo credere noi per essere realmente uomini e donne di fede?

La straordinarietà della vicenda è che quell’uomo non vide niente di speciale, nessun fuoco d’artificio. Solo dei teli posati là, e il sudario con cui avevano avvolto il cadavere del suo maestro. Tutto qui? Dei teli e un sudario? Solo per aver visto questo nasce la corrente spirituale che attraversa due millenni e che chiamiamo cristianesimo? Solamente approfondendo la vicenda comprenderemo non solo l’origine della fede cristiana, ma la possibilità di rinnovarla ogni giorno, in modo che sia attuale. Quindi, è molto quel che mettiamo in gioco con queste parole.


2. Prima di tutto, come quasi sempre nel Vangelo, c’è una collocazione temporale: "il primo giorno della settimana", è così che comincia il capitolo 20 di Giovanni. Quel che avviene, avviene dunque di domenica. E cosa significa questo? Ebbene, che qualcosa sarà per noi significativo se permettiamo che sia un nuovo inizio, se ci spinge a cominciare. Questo è decisivo. La vita non può né deve ripetersi, deve ricrearsi. La vita è sempre nuova, ed essere svegli equivale a rendersi conto di questa permanente novità.

Gli sviluppi, certo, direte; non tutto sta nel cominciare, le cose devono anche continuare. Ma gli sviluppi sono più che dei rinnovi dell’inizio, sono inizi rinnovati. Cosa sto iniziando io ora, in questo momento? Questa è una buona domanda, per esempio. Quali sono le mie principali esperienze iniziatiche? Un’altra domanda. A cosa permetto di cominciare dentro me? Perché ogni mattina comincia un nuovo giorno, sì: ma comincio anch’io con esso? Mi siedo a meditare come se non avessi meditato mai? Mi preparo la colazione come se stessi scoprendo il miracolo del latte, del caffè, del burro, del pane? Cammino per la mia casa come se fossi un esploratore?

Senza la disposizione a cominciare in ogni istante non c’è nulla da fare, non c’è possibilità di una vita spirituale. E cominciare significa chiudere al passato e aprirsi all’inatteso, poiché è solo nell’inatteso che ci attende la vita.


3. Dopo quest’alba (e sta sempre albeggiando nell’anima degli illuminati), i protagonisti: Maria Maddalena da una parte, e Pietro e Giovanni dall’altra. La donna ha avuto l’esperienza e la condivide con gli uomini, ai quali competerà più avanti l’espressione: l’espressione letteraria (Giovanni) e quella comunitaria e istituzionale (Pietro). Parola e Corpo: Giovanni e Pietro.

Ma il silenzio, l’esperienza, spetta a Maria Maddalena. Esperienza ed espressione, donna e uomo, si necessitano e si completano mutuamente.


4. La notizia che porta la donna, la cui diffusione renderanno poi possibile gli uomini, non è portata tranquillamente, ma di corsa. È una notizia urgente, non può aspettare. E qual è – si può sapere – questa notizia? È che vive, che siamo vivi, che siamo nella vita, che la vita è e che noi partecipiamo di questo essere.

Sapere questo è ciò che di più urgente si possa e si debba sapere, per questo corre la Maddalena, non sia mai la gente muoia senza sapere di essere stata viva.

La fede nasce da una corsa e ci porta a correre. "L’amore del Cristo ci spinge", diceva l’apostolo Paolo. Il cuore di ogni innamorato esplode, lo sapete perfettamente tutti voi che qualche volta vi siete innamorati. Esplode la nostra fede, o l’abbiamo ammaestrata?


5. Corre la donna, corrono anche gli uomini. Si dirigono verso il luogo della morte, dato che è lì dove, secondo quanto gli è stato detto, è stata trovata la vita. Questo è fondamentale. Vuoi vivere? Recati nel luogo della morte. Vuoi amare? Preparati al dolore. Vuoi conoscere il resuscitato? Entra nel sepolcro, nel tuo sepolcro, quello in cui ti stai sotterrando da anni e dove ti sei semi-putrefatto. Lì, nella tua oscurità, è dove ti attende la vita. La luce è l’ombra illuminata. Il resuscitato è la morte vinta. Lo Spirito ti attende proprio nel luogo da cui fuggi, affinché tu sappia che Egli è più forte di ciò che tanto ti terrorizza.

Non possiamo essere esperti di Dio senza conoscere il cuore delle tenebre. Non è che dobbiamo cercarle, questo no. Vengono da sole, anche senza invito. Basta aprire gli occhi e guardare: l’oscurità è lì, è sempre lì, sibillina, in attesa, pronta a divorare la sua preda. Ma basta fermare lo sguardo per scoprire che il cuore dell’oscurità è la luce.


6. Ora sì: senza fiato per la corsa, i discepoli vedono il sudario e i teli. Vedono, la fede è un nuovo modo di vedere il mondo. Certo, il mondo era già lì, è sempre stato lì; ma chi ha fede è come se lo vedesse per la prima volta, dato che vede realmente quel che si trova lì, ciò che senza fede non avrebbe potuto vedere.

E cos’è quel che vede, cos’ha di speciale? Vede il sudario e i teli, cioè vede le impronte dell’amore. Perché quel sudario e quei teli sono la scia fisica che è rimasta dell’amore professato verso Gesù da alcune delle sue discepole. E ora i discepoli lo vedono. Non vedono l’assenza del maestro, bensì la presenza dell’amore. E in questo amore che vedono, perché lo vedono realmente in quei teli e in quel sudario, vedono anche il loro Maestro, che è la persona dell’amore.

Tu vedi l’amore? Lo vedi? L’amore in una telefonata, in un saluto del vicino, nel cellulare che squilla, nella caffettiera fumante… Vedi tu l’amore nel letto ben rifatto, nella tavola ben imbandita, nella pioggia che picchietta sulla finestra, nel tuo cane che scodinzola? In cosa vedi tu l’amore? Non ti rendi conto che la fede serve a vedere l’amore?


7. Solo allora, quando hanno visto, i discepoli hanno compreso la Scrittura: Egli sarebbe dovuto resuscitare dai morti. Solo quando vediamo comprendiamo ciò che ci hanno raccontato coloro che hanno visto. E ci emozioniamo nel comprendere che le parole sacre sono vive. Le parole sono vive se ci aiutano a resuscitare i morti che abbiamo dentro.

La Scrittura è un tesoro, ma dobbiamo purificare il nostro sguardo per poterlo leggere. In quali parole vedi tu l’amore, in quali gesti? Non ti rendi conto che la fede serve a essere amore?

(traduzione di Massimo Marini)



Pablo d'Ors

Pablo d’Ors (1963) nasce a Madrid da una famiglia di artisti e scrittori. Discepolo del monaco e teologo Elmar Salmann, è sacerdote cattolico dal 1991. Cercando il silenzio ha raggiunto a piedi in pellegrinaggio Santiago de Compostela, ha attraversato il deserto del Sahara, ha soggiornato sul monte Athos. Nel 2014 ha fondato l’associazione Amici del Deserto, con cui condivide l’avventura della meditazione. Nello stesso anno papa Francesco lo ha nominato consultore del Pontificio Consiglio della Cultura.